Orizzonti: metterci la faccia, ma possibilmente anche il resto della testa

facciadi Paolo Scattoni

Ci sarà modi di ritornare sul Consiglio Comunale di ieri avente come punto principale quello delle recenti vicende della Fondazione Orizzonti. Finalmente un’occasion di discussione sulla notizia di venti giorni fa relativa alla cancellazione del Festival Orizzonti. Infatti nonostante che la notizia fosse stata fatta filtrare su organi di stampa, una conferma ufficiale era completamente mancata. Il sindaco, hanno spesso lamentato le opposizioni, parlava ai giornali e alle riviste specializzate, ma non ai cittadini. Finalmente se ne è discusso in Consiglio e questo ha messo fine, almeno in parte, ad un’ambiguità evidente di sindaco e presidente della Fondazione.

La mia personalissima impressione è stata che questa volta le opposizioni sono arrivate in Consiglio molto preparate e decise. L’intervento della consigliera Cippitelli è statao molto preciso. Ci sono stati passaggi in tutto la vicenda Fondazione dalla sua istituzione fino alla catastrofica fine del Festival che ha innescato un dibattito molto acceso su molti punti ancora tutti da spiegare.

L’intervento dell’altro capogruppo di opposizione Luca Scaramelli ha affrontato il nodo della responsabilità politica sulla vicenda. Fra l’altro ha sottolineato aver evitato di rispondere alla richiesta della pubblicità del bilanciodella Fondazione, che a posteriori è stato accertato essere a conoscnza del sindaco/presidente nel momento in cui il Comune si privava di una proprietà a favore di Orizzonti per consentire  il tamponamento della catastrofica situazione finanziaria.

Le risposte di Sindaco, Giunta e gruppo di maggioranzo hanno lasciato a desiderare. Di fronte a contestazioni precise si è troppo spesso risposto con artifici retorici. Quello più utilizzato è stato quello di chi “ci mette la faccia“, dimenticando che sarebbe necessario che oltre alla faccia ci sarebbe bisogno di metterci anche il resto della testa. Ci sono poi i soliti richiami a brillanti carriere giornalistiche e accademiche sacrificate al bene pubblico, così come brillanti studi professionali, di famiglie e figli sacrificati. Che dire poi dell’abusatissima metafora del “buon padre di famiglia”? Tutto legittimo per carità, ma prima si risponda alle domande.

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