di Paolo Scattoni
Quei ragazzi africani che vediamo intorno alla stazione e ai nostri supermercati sono un mondo sconosciuto. Nonostante la nostra ignoranza ci sentiamo tutti autorizzati a pontificare. Che stanno a fare qui? Ma alla domanda non segue un minimo di analisi. Anzi se ne fa una sorta di abitudine. Ci siamo sdegnati per i 12 morti a Charlie Hebdo e tutte le stragi che ne sono seguite. Giusto, sacrosanto, la nostra civiltà ha tanto faticato e con tanti morti ad arrivare alla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, non possiamo derogare e qualsiasi sacrificio è giustificato per difendere quei valori. Ma se la memoria di quei 12 morti e di quelli che sono seguiti meritano la nostra memoria e la nostra azione per evitarli in futuro, ci stiamo abituando agli annunci di quelli che muoiono in mare. Per molti se la sono cercata. Allora cerchiamo di capire se oggi in Africa non si violi il più naturale dei diritti, quello di sopravvivere.
Personalmente non capisco cosa ci impedisca di capire il fenomeno. Possiamo permetterci qualche migliaio di interviste per capire? Interviste non tanto a quelli che arrivano, ma piuttisto a quelli che li mandano.
Partiamo dai dati “In molti paesi del continente africano, quasi il 50% dei contadini coltiva meno di un ettaro di terra e quasi il 25% ha accesso a un appezzamento più piccolo di un decimo di ettaro“. Nel diritto cosuetudinario di quei paesi l’eredità viene suddivisa fra i figli maschi. Allora ben presto quel decimo di ettaro possono diventare poche decine di metri quadrati a testa. A quel punto l’alternativa al far fuori un po’ di fratelli (che purtroppo qualche volta succede) per mantenere il minimo della sopravvivenza è quella di imbarcarli. Come si giustificherebbero altrimenti i tanti minori non accompagnati che si trovano nei barconi. Le madri africane sono più crudeli di quelle dei paesi ricchi? In realtà è come quei genitori che in un incendio buttano i figli dalla finestra perché non c’è altra alternativa.
Il dibattito politico di questi giorni buttato là un tanto al chilo mi fa venire il voltastomaco. Un po’di letture,per noi che abbiamo avuto il privilegio dell’alfabetizzazione, non farebbero male.
Condivido,ma poi da quello che tu auspichi bisognerebbe tornare indietro e vedere gli aspetti che mi sembra di capire che a te non siano mai piaciuti come piattaforme di discussione e che si chiamano ”massimi sistemi”.Se una cosa oggi si manifesta in un certo modo,lo è perchè ieri era in un altro modo.Estrarre uno spaccato di un fenomeno,anche se importante,falsifica inevitabilmente gli aspetti ai quali si ha timore di arrivare e di prenderne coscenza.Questo io penso.Poi certamente dipende da quante cose si sappiano e si mettono a pesare sul piatto della bilancia. Il mondo non è mai stato diviso fra buoni e cattivi,sono coloro ai quali è convenuto che così si intendesse,che hanno prodotto tale divisione poggiando sulla miseria delle masse.Quelli che fuggono sui gommoni per le ovvie ragioni che dici,non hanno nella loro storia avuto l’influenza di periodi come li abbiamo avuti noi e che si chiamano Umanesimo,Illuminismo,Romanticismo,Liberalismo,che si sono trasformati ed hanno influito nella concezione dei nostri Stati.Sono passati da una concezione feudale che ancor oggi permane dentro di loro,ad una condizione di società globalizzata,passando relativamente da una società feudale ed agricola a quella post-industriale globalizzata.Ma la pressione culturale di quello che ha rappresentato il colonialismo occidentale sul loro sviluppo e che ha frenato le loro istanze ad essere popoli più liberi è responsabilità per la maggior parte nostra.