Uidù: una giornata con i ragazzi africani

di Francesca Romanini

Giovedì 14 Luglio, possiamo dire con soddisfazione di aver portato a termine la prima iniziativa della neo-associazione giovanile Uidù di Chiusi.

Dopo due mesi di riunioni, statuti e discussioni all’ordine della burocrazia, abbiamo visto il nostro primo progetto concretizzarsi e far sì che quell’unione e quella collaborazione di cui tanto avevamo parlato precedentemente, uscisse all’aria aperta e sudasse davvero.

L’idea è nata da Tommaso Provvedi: venuto a sapere della situazione di alcuni ragazzi africani immigrati, stabilitisi temporaneamente a Chiusi, che per la precarietà della loro condizione non potevano che essere “ospiti grigi”, né tutelati né attivi, aveva pensato di organizzare una giornata da passare insieme di integrazione fra coetanei; da una parte si sarebbero distratti un po’, anche solo per una giornata, anche solo per il tempo di una partita a calcio, e magari si sarebbero sentiti un po’ meno lasciati a se stessi, dall’altra ci saremmo dovuti mettere in gioco, sebbene in maniera modesta e semplice, nel conoscerli e nell’entrare a contatto col loro mondo.

“Allora a che ora ci troviamo?” “Il museo apre alle 9” “No, ma che gli importa a loro degli Etruschi, portiamoli al Lago, si mangia qualcosa tutti insieme..”

La prima parte piacevole è stata proprio questa, poter finalmente contarsi, dividersi i compiti, seppur poco impegnativi, darsi finalmente un appuntamento con un dove e un quando; procedure di routine, noiose spesso, ma che hanno quell’accento discreto di coordinazione e di coesione che dà una piccola scossa quando ti fermi e lo intravedi.

Così alle 11 di mattina (minuto più minuto meno) eravamo circa venticinque ragazzi fra Africani e Italiani al chiostro di S. Francesco a Chiusi Città, pronti a dare inizio alle danze. Dopo una breve e freschissima visita ai cunicoli, con tanto di guida offerta da Tommaso e traduzione in simultanea fatta da Giuditta Barbetti, siamo saliti in cima al campanile ad ammirare la vallata chiusina e a congetturare, incuriositi e ammaliati, sul robottino tagliaerba che girellava tranquillo e indisturbato nel giardino del Vescovo sottostante.
“Ma l’erba poi chi la raccoglie?” “Vabbè, passeranno le monache la sera a rastrellarla.” “No no, ma io so che questi aggeggi qui la tagliano così spesso che anche se
la risputano subito lì, non c’è bisogno di toglierla perché non dà noia.”
Mica lo vedi mai da giù il giardino del Vescovo.
Ormai mezzogiorno passato, ci siamo diretti alla volta del lago, per passare alla seconda parte della giornata. Dopo un lauto pasto consumato sui tavoli gentilmente offerti dalla Lenza Etrusca e dopo qualche apparente e fasulla indecisione sulla partita da fare, con le squadre già divise in maniera così splendida e compiuta in schieramenti nazionali, si è ovviamente imposta l’alternativa calcio, con il prevedibile scontro Africa- Italia, conclusosi con una vittoria dei nostri, non certo però per le condizioni fisiche, assai più appiccicose e ansimanti delle loro.

Fra una partita a carte e un gelato sdraiati all’ombra si è conclusa la giornata con quegli otto ragazzi, quasi tutti fra i 20 e i 24 anni, con l’eccezione di un minorenne e di un trentenne; è parlando con loro in un anglo-francese, quando più quando meno consapevole, che abbiamo conosciuto la loro corta e sbriciolata storia, iniziata in Stati diversi del sud Africa, passata per la Libia entrata in guerra, Lampedusa e fermatasi per adesso alla casa famiglia di Chiusi, dove ogni giorno, due volte al giorno, vanno a ricevere quel minimo di aiuto e sostentamento che gli permette, per adesso, di poter accettare la proposta di un gruppo di ragazzi, altrettanto venti-ventiquattrenni (con l’eccezione questa volta solo di una trentenne), di passare tutti insieme una giornata diversa per entrambi.

A fine serata, al momento dei saluti, non c’è stato bisogno di mettersi lì a pensare se l’iniziativa fosse riuscita o servita a qualche cosa: abbiamo visto che le strette di mano incerte e deboli della mattina erano diventate degli abbracci sorridenti e gentili e questo era tutto quello che potevamo fare e desiderare.
Perciò eccoci: siamo volenterosi e siamo all’inizio, ma con un po’ di aiuto (da parte di chiunque voglia darci una mano!) e di fortuna, speriamo di poter dire ancora tante e tante volte: “Ui-dù”.

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5 risposte a Uidù: una giornata con i ragazzi africani

  1. luca scaramelli scrive:

    bravi ragazzi avanti così!

  2. lucianofiorani scrive:

    Bravi ragazzi. Si può dire che siete partiti col piede giusto.
    Avanti così, e anche le istituzioni si accorgeranno di voi.

  3. X Fattorini.

    Attenzione alle repliche: se s’impadroniscono anche della tecnica, siete fregati… 😉

    Complimenti a tutti per la bella iniziativa.

  4. Complimenti bella iniziativa, una precisazione però, scusatemi, i ragazzi vengono ospitati dalla Misericordia e pranzano alla casa di riposo Villa Morviducci sempre della Misericordia, bravi continuate così

  5. Gran bella giornata…e che match!!!! All’inizio lo strapotere fisico dei ragazzi africani ha messo in seria difficoltà gli imbolsiti italiani, ma poi il maggior tasso tecnico nostrano ha avuto la meglio!!!! Da replicare!!!

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