di Paolo Scattoni
Nel dibattito animato sul Festival Orizzonti, qualche volta ho citato il PanOpera Festival di Panicale. La citazione era accompagnata da una domanda: non potremmo andare a vedere quello che succede in quel contesto? Non conosco l’iniziativa, alcuni amici me ne hanno parlato molto bene e sono andato a vedere sul web (www.tmusike.it/). La mia curiosità è cresciuta e così ho contattato tramite mail il maestro Virgilio Bianconi, cantante lirico e animatore di questa iniziativa. Ci siamo sentiti per telefono e ho scoperto un personaggio animato da grande passione. La lirica non è la sua occupazione principale. È rimasto a Panicale come scelta di vita e la sua scommessa artistica l’ha giocata in un teatro piccolo e bello di un piccolo comune della provincia di Perugia. Bianconi, cantante e regista apprezzato, fa parte di un circuito di artisti che a Panicale come in altri contesti lanciano iniziative simili. Il PanOpera festival si tiene a settembre con opere adatte alla dimensione del teatro e dell’orchestra. Intorno a questa realtà si è consolidata una rete di appassionati che danno una mano. Mi sono permesso di chiedere il bilancio e la fonte delle risorse. Per me abituato a discutere della Fondazione Orizzonti è stata una sorpresa scoprire che l’iniziativa non fa conto su finanziamenti pubblici. Anche per il teatro Capitani si paga un affitto.
Come hanno fatto? Per il soggiorno degli artisti molti stranieri mettono a disposizione la loro casa di vacanza per una decina di giorni. Ci sono poi alcuni amici dell’iniziativa che contribuiscono con i pasti. Diciamo che con questo meccanismo il festival riesce a coprire circa il 30% dei costi, che ammontano a complessivi 40.000 euro. Agli artisti vengono rimborsate le sole spese di trasporto. La cifra viene coperta in parte con i biglietti. Viene anche organizzato un crowd funding. C’è poi un piccolo contributo di 4000 euro della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia a copertura delle recite gratuite per gli studenti delle scuole. A me sembra un miracolo, soprattutto in questo periodo di discussioni in cui si parla delle centinania di migliaia di euro per Orizzonti del recente passato
E la qualità? Andremo a vedere qualcuna di queste recite per capire di persona. C’è però un “piccolo” particolare che il sito indica. Pan Opera Festival è inserito in operabase, un database molto selettivo di duecento festival lirici rilevanti nel mondo : http://operabase.com/festival/it/en Quest’anno poi nel cast, fra professionisti rodatissimi, il festival avrà in cartellone due tenori, Matteo Mezzaro di Padova ed Edoardo Milletti di Perugia, che hanno debuttato da poco in importanti ruoli al Teatro alla Scala.
Il maestro Bianconi termina la sua telefonata con la speranza di vedermi fra il pubblico a settembre: “il teatro è piccolo quindi bisogna prenotare…”
Caro Donatelli il post di Paolo Scattoni è sul Pan Festival e, messo in prospettiva, era un’analisi su alcune modalità possibili di attivazione delle nostre bellissime città, piccole e grandi, che fanno dell’Italia un luogo unico al mondo. C’era una divergenza di opinioni ma non riguardo alla bontà di quella iniziativa bensì sul farne o no una base solida da generalizzare; per me può essere una componente ma mai quella maggioritaria. Si discuteva comunque nel merito e non era certo una perdita di tempo ma un chiarire delle opzioni possibili.
Magari si fosse affrontato in questi termini il problema di Orizzonti, rispondendo prima alle domande di base: perchè un Festival estivo a Chiusi, perchè concentrato in dieci giorni, perchè solo a Chiusi Città? Un retaggio del passato da riconsiderare oppure una necessità viva e necessaria come bisogno culturale del territorio e per l’indotto turistico che genera. Rispetto alla domanda: “Di cosa ha bisogno Chiusi?” la risposta diventa di fatto la proposta culturale più adeguata, da formulare però anche in base alle possibili risorse.
Nel caso di Chiusi, la creazione della Fondazione e l’affidamento a Cigni della direzione artistica presupponeva un’ambizione che, francamente, necessitava di ben altro terreno fertile. La stessa risposta tiepida dei privati dimostra come l’innesto non fosse compatibile con questo tessuto socio-economico-culturale.
Chiedo scusa e ritiro parte di ciò che ho scritto sul ‘filosofare’.
Sulla Nazione di oggi c’è un articolo in cui il Sindaco, praticamente, incolpa le opposizioni per il male andazzo di Orizzonti. E’ come se i Tedeschi e Napoleone incolpassero l’inverno russo per le loro sconfitte! In questa situazione il filosofare serve ad un bel niente.
Il primo anno di Orizzonti ebbi una breve conversazione con il Cigni in cui dissi al D.A. che sapevo come sarebbe andata a finire, la risposta fu, mentre si allontanava; ah lei è un veggente allora. Un veggente sicuramente no, ma so che 1+ 1 fa sempre 2, almeno in matematica.
Sembra che oggi si sia completamente dimenticato questo.
Sono d’accordo, ma credo che il ‘filosofare’ debba essere fatto esclusivamente sul ‘luogo del delitto’, e non espanderlo ad altre situazioni.
Ah, come è difficile conversare sul net, per lo meno per me!
Donatelli la debacle di Orizzonti nasce proprio dal non avere “filosofato” abbastanza prima di partire. E’ come far fretta di muoversi a chi sta guardando una pianta per orientarsi…andare? Ma dove? Bisogna sapere dove andare e con quale mezzo andarci. Proprio perchè l’Italia è ridotta così ci vuole un piano ampio e che coinvolga tutte le filiere in corale sinergia. Finora si è proceduti a casaccio…e si vede.
I commenti esprimono esattamente quello che ho scritto nel mio commento. Si continua a ‘filosofare’ proprio di questi tempi ed in Italia per di più…..mentre il tema principale, cioè la completa debacle di Orizzonti passa in secondo piano. Debacle che non è attribuile al livello artistico della manifestazione.
Bene, facciamo cosi. Allo stesso tempo bandiamo anche un appalto per pranzi completi a 3 euro, così si risparmia su tutta la linea e gli spettatori li facciamo davvero contenti:)
Quindi è una questione di sistema. Non lo possiamo risolvere su chiusiblog. Se fossi io presidente (e per fortuna di tutti non lo sono) imposterei il programma su basi competitive. Per la lirica bandirei quattro borse di 4000 euro l’una per quattro riduzioni intelligenti (tipo Gli Amici di Fritz) con l’uso gratuito del teatro, cessione degli incassi. Si potrebbe anche pensare a specifiche convenzioni.
Io non parlo solo dei giovani – dove alcune dinamiche sono fisiologicche – ma anche, purtroppo, dei meno giovani. Tu non sai quanti musicisti e cantanti d’opera, non avendo strumenti come l’Intermittence in Francia, sono costretti a mollare causa insostenibilità economica. E questo in un Paese che avrebbe bisogno di aumentare le produzioni artistiche e non di diminuirle, in un paese che ha investito nella loro formazione e che poi, nel migliore dei casi, li “regala” all’estero. Comunque il tutto, sia questo post che altri, furono generati da “Orizzonti”. E’ evidente che il Festival a Panicale rimanga sotto il radar di una osservazione di Sistema ma Orizzonti no.
Lavorare gratis o per le sole spese non va bene nemmeno per il committente, perchè è difficile pretendere da chi non viene pagato ed è privo di contratto. Sempre in Francia non è possibile fare uno spettacolo se non viene corrisposto un minimo di legge, contributi inclusi. Lo stesso Direttore artistico, se lavora gratis, mi pare evidente che pensi prima a cosa può essere vantaggioso per lui, cercando semmai di far coincidere i propri interessi con quelli generali. Il discorso è molto complesso e se, da un lato, si può convenire che le risorse per gli ultimi Orizzonti siano state male impiegate, in assoluto così non è. Sempre alcuni paesi d’oltralpe ci insegnano che investire in Cultura, rende. Rende sia “culturalmente” che in termini di ricaduta economica e in posti di lavoro.
Scusa Paolo (PMiccichè) quello che volevo dire nel mio ultimo commento è che la situazione che tu denunci è la stessa per molti altri giovani “studiosi” di molte altre discipline. In un concorso di idee (p.e. di Architettura) per la remota prospettiva di un premio di qualche migliaia di euro si “comprano” idee. Non ho grande simpatia per i concorsi, ma vogliamo inibire questa possibilità a giovani architetti che magari lavorano in pizzeria? Vogliamo impedire la sponsorizzazione parziale di una pubblicazione di un giovano studioso di archeologia che sbarca il lunario facendo il correttore di bozze? Lo stato dei giovani che escono da prestigiose scuole di musica come quella dove tu insegni è molto simile a quello di una percentuale purtroppo assai vasta di brillanti laureati e magari anche di dottori di ricerca. Che si fa con loro? Gli si inibisce l’impegno perché potrebbero portare un beneficio alla società senza essere adeguatamente pagati?
Mi spiace Paolo che non ci si capisca. Io non nego il diritto e il valore dell’iniziativa di Panicale che è un’iniziativa privata, sebbene nemmeno nel privato professionistico, si dovrebbe lavorare gratis.
Francia e Germania si comportano in modo diverso in questo settore e i risultati sia culturali che economici sono sotto gli occhi di tutti. Noi siamo dei pasticcioni e i risultati, anche in questo caso, sono sotto gli occhi di tutti. E ti assicuro che lo stesso Allan Rizzetti, essendo un professionista, la pensa come me. Un conto è mantenersi in esercizio ed investire in pubblicità, un conto pensare che sia giusto così. Più artisti lavorano gratis, più professionisti abbandonano quello per cui hanno studiato tanti anni (con i soldi pubblici) e cambiano mestiere, per sempre.
Lo stesso vale per i laureati in archeologia, filosofia, storia, architetura, filologia e tanti altri settori. Ci sono giovani laureati (e diplomati alle Accademie e scuole di musica) che per inclinazione e passione si impegnano in diversi campi. Li vorremmo tutti nel lavoro che meritano, ma purtroppo non è così.
Non importa se sia il sindaco di Firenze che duetta con Salvatore Accardo o il cameriere di pizzeria che si impegna in un concorso di architettura, molti di loro cercano di esprimersi nei canali che gli vengono concessi o si costruiscono da soli. Da questo punto di vista quello del Pan Opera Festival è un caso di scuola: senza alcun aiuto “pubblico” (debbono pagarsi anche l’uso del teatro) è divenuta un’iniziativa di alto livello che ha ottenuto anche un prestigioso riconoscimento internazionale. Si tratta di vedere se il settore pubblico debba o no incoraggiare questi spazi nei diversi campi e non solo quello delle arti performative.
Nel caso di ex Conservatori e Accademie di Belle Arti si accede con diploma di scuola media superiore e sono previsti un triennio di laurea breve e un biennio successivo. Diciamo che è l’età in cui si deve pensare anche al mondo del lavoro. Quando esci vorresti e dovresti trovare un lavoro per quello che hai studiato. Poi è vero che i laureati in Giusrisprudenza si ritrovano magari a far pratica senza essere pagati ma anche questo non va bene, visto che un apprendista elettricista riceve invece comunque un corrispettivo…..noi in questo paese siamo ancora più Crociani (nel senso di Benedetto Croce) di quanto non pensiamo….
pensavo di aver scritto un commento in risposta a PMiccichè. Vedo che non c’è, chissà dove è finito. Cerco di ricostruire.
Evidentemente non mi sono spiegato, cerco di farlo ora. Il nostro sistema di istruzione superiore produce tanti talenti che si impegnano per ore al giorno nelle rispettive discipline. Molto spesso non riescono a tradurre queste loro conoscenze in occupazione principale. Questa non significa che non possano (vorrei dire debbano) trovare spazi per esprimere le competenze maturate con tanta fatica.
Un chirurgo è un chirurgo e la sua professionalità deve essere tenuta sempre efficiente; un violinista, allo stesso modo, deve studiare ore al giorno per tutta la vita. Non ci sono sconti. Trovo davvero pericoloso il senso di alcune affermazioni che spesso si sentono e si leggono e che presumono che si tratti di lavori dove ci si diverte gioiosamente come in un grande gioco. Del resto, l’Italia è in caduta libera quanto a professionismo in alcuni settori dello spettacolo e le ragioni, a molti di noi – didatti e professionisti – risultano molto chiare. Un medico pretendiamo sia altamente formato e aggiornato, un artista si pensa che possa fare mille mestieri e che si tratti, in fondo, di un dono naturale. Niente di più errato. Soprattutto in un Paese che dovrà necessariamente investire nel Turismo culturale, che è il suo vero giacimento di petrolio e che, essendo inesauribile, rappresenterà una risorsa duratura nel tempo.
La cosa non riguarda soltanto i conservatori, ma l’intero sistema della scuola e dell’università. Molti giovani tentano strade diverse e per questo vanno incoraggiati, ma non ci sono sistemi generali di tipo “sovietico” formazione/occupazione. Il giovane maker che ha idee brillanti deve attendere l’ufficializzazione per poter procedere alla realizzazione delle sue invenzioni? Ci deve essere un confine riconosciuto fra l’attore con altro lavoro e quello che fa del teatro la sua professione principale o addirittura esclusiva?
Donatelli, bisogna optare tra Professionismo e Tempo libero. Il dentista, sempre lui, nel suo tempo libero non va al suo studio a mettere a posto le dentiere….magari recita e magari anche bene, in una compagnia di teatro locale. Se teniamo aperti i Conservatori e le Accademie di Belle Arti per formare professionisti, dobbiamo impiegarli nel mondo del lavoro. Altrimenti perché utilizzare denaro pubblico in formazione specifica?
Ma perchè in Italia si discute su ‘ finezze’, per altro giuste, quando la sostanza viene ignorata in base, appunto alle ‘ finezze’.
Quello di Panicale è un buon esempio di come si possa allestire uno spettacolo in un bacino che offre poco, in termine di numero di persone, eseguito da professionisti che amano il loro lavoro e che non credo ci rimettano di tasca propria. In fin dei conto il mio tempo libero lo spendo come mi pare.
Il confronto con Orizzonti semplicemente non esiste. é stato allestito per gloria personale, punto e basta. Tutto il resto non conta, cioè il livello artistico del Festival, se gli artisti vengono pagati o semplicemente rimborsati, e tutto il resto. Possibile che quando una cosa è palesemente fatta malissimo si debba discutere su altre aspetti invece di concentrarsi sul fatto che uno spettacolo artistico di un certo livello (non sono i grado di giudicare) porti a debiti pubblici e lasci dietro di se un diffuso malcontento ai residenti ed ai spettatori, non gioa, che è quello che la musica dovrebbe lasciare.
Le persone che erano presenti alla prima edizione del Festival (Pierino ed il Lupo) non si sono più viste.
Ovviamente. Io sono contrario che si faccia altrettanto nel settore pubblico, Orizzonti incluso.
Del tutto d’accordo. Se hai finanziamenti pubblici rilevanti (FUS o altro) sarebbe inaccettabile che gli artisti non fossero pagati secondo tariffa. Qui però siamo di fronte a una associazione privata (Teathron Musikè) che organizza un festival senza alcun sostegno pubblico. Trova i 40.000 euro necessari al festival attraverso donazioni private e la vendita dei biglietti. Gli artisti aderiscono spontaneamente facendo parte dell’associazione. Il Festival non sembra essere un bidone visto anche un riconoscimento internazionale dell’iniziativa: Opera Base che, a quanto si dice, è molto selettiva verso le richieste di inserimento. Allora non vedo proprio problema. Io a settembre andrò senza avere il dubbio che vado a sfruttare gli artisti.
Tutti abbiamo lavorato gratis in certe situazioni; il problema nasce quando questa pratica diventa patologica. Nel campo delle performing arts lo è da troppi anni. Se c’è sempre qualcuno pronto a farlo gratis si distruggono le professionalità acquisite. Se tu fossi un architetto freelance e trovassi davanti sempre qualcuno che si offre a metà del tuo compenso o addirittura gratis, avresti seri problemi a mantenere te stesso e la tua famiglia. Così come rimarresti sorpreso se il dentista o il commercialista alla fine di una prestazione ti dicessero: “non mi deve nulla, è stato un piacere aiutarla”; saresti il primo ad insistere per remunerarli. Nel campo teatrale invece si sottolinea persino con soddisfazione quando si riesce ad avere un artista che si esibisce gratis. Non va bene e non va bene soprattutto in un paese come l’Italia che dovrà vivere di questo in futuro; e non va bene con i giovani: io posso ogni tanto lavorare gratis – non troppo però, per non togliere del lavoro agli altri – ma i ragazzi vanno pagati e qualsiasi iniziativa che io promuovo, metto come condizione il vitto e un gettone di presenza per l’artista giovane.
Personalmente ho collaborato gratuitamente a molte iniziative. Mi sono divertito e acquisito conoscenza pratica. Ne valeva la pena.
xMiccichè. Nessuno ti può insegnare niente in questo campo. Almeno da queste parti. Ma sai perfettamente che alcuni impegni, alcune presenze di prestigio in luoghi che non se le potrebbero permettere rispondono ad altre logiche.
Sul fatto che gli artisti vadano pagati il giusto con me sfondi una porta aperta.
Lavora gratis chi se lo può permettere e gli va di farlo e, non dirado, senza nessun nobile fine. Anzi.
Si certo che è così. L’ho scritto, il maestro Bianconi ha un altro lavoro. I suoi colleghi ugualente, nel campo musicale o in altro settore. Quello di Panicale è un ritrovo per fare arte insieme in maniera piacevole facendosi dieci giorni di impegno in un ambiente storico e paesaggistico di tutto rilievo. Se ogni anno chiedono di ritornare e magari si offendono un po’ se non chiamati qualcosa vorrà pur dire.
Cari amici, su questo punto non vi posso seguire fino in fondo. Scrivere che agli artisti sono rimborsati le sole spese di trasporto sarebbe come dire che al dentista sono corrisposti dei sorrisi smaglianti in cambio del suo lavoro e al macellaio, sonori apprezzamenti postumi sulla qualità della sua carne. La storia che gli artisti possono non essere pagati perché già ripagati dall’arte è inaccettabile. Se poi si fa l’artista come “diletto”, allora non c’è problema ma deve essere un diletto di chi ha già un altro lavoro che lo sostiene e con cui paga le spese per mantenere la sua famiglia.
Questa è un’altra bella realtà, che in parte conoscevo perché ho assistito a un paio di rappresentazioni di cui una (La serva padrona) a Chiusi, al Mascagni, offerta da BancaValdichiana.
Il discorso è sempre il solito: si trova ciò che si cerca.
Questa evidentemente, come per altri versi l’attività di Allan Rizzetti, non è ben vista dai nostri amministratori che hanno altro per la testa. Se ce l’hanno.