Teatro a Chiusi: un Natale speciale

natale_1943-1di Enzo Sorbera

Il teatro, anche quello apparentemente più cerebrale, ha sempre tratto la propria linfa vitale dalla comunità che lo anima e lo sostiene e di cui, a sua volta, è specchio critico. Alcuni testi esplicitano questo “debito”, altri pensano invece di non dovere niente a nessuno. “Natale 1943”, in scena a Chiusi questa domenica di inizio dicembre, su testo di Rettori e regia di Storelli, nasce come lavoro collettivo di riflessione sui fatti che hanno sconvolto la comunità – sulla guerra e il problema della mancanza di notizie circa la situazione di figli o mariti; sulla scarsità di risorse (il cibo, ma anche altri generi di prima e anche seconda necessità); sui legami di solidarietà che, al di là delle rivalità e dei battibecchi, sono il valore che “crea” comunità e comunanza -. Ma è anche un lavoro raffinato e attento di recupero linguistico – la lingua della comunità di allora -. Una scommessa assai rischiosa.La ricostruzione dei fatti dall’interno di una casa di un artigiano di allora, con le sue piccole manie – quel che si mangia dev’essere caldo -, la sua poca simpatia per tutti quelli che hanno certezze assolute (fascisti, militari, preti, ecc.) e un umorismo corrosivo che si articola su qualunque pretesto. Intorno a lui e alle sue difficoltà di tutti i giorni gira un mondo di donne, finti malati e traffichini di mercato nero: è un mondo di quotidianità normale, banale che è la cifra del (nostro) eroismo contemporaneo. In questo senso, potremmo quasi parlare di un pezzo da teatro epico.

La vicenda si dipana tra colpi di scena e battute veramente divertenti, con un movimento scenico ben orchestrato – e non era facile, considerata la personalità forte di parecchi degli attori; immagino che Francesco avrà fatto parecchia fatica –. Tra momenti di puro divertimento e qualche momento commovente – ad es., il “Buon Natale” tra suocero e nuora che arriva dopo uno scambio/sfogo da parte di lei -, la commedia scivola su oltre le due ore e mezza senza pause. Forse, un po’ troppo lunga la preparazione scenica del primo atto – premessa necessaria dell’esplosività del secondo tempo.

Devo complimentarmi con tutti per la capacità di evitare la trappola peggiore: il ricorso a forzature linguistiche che avrebbero forse appagato qualche palato di grana grossa, ma con il risultato di guastare il ritmo e la credibilità di tutto lo sforzo scenico. Troppi attori e attrici per ricordarli tutti. Ma una menzione va fatta per il nipotino pestifero – impersonato da Cesare Aprile -: una parte non banale e recitata con buona padronanza. Il lungo applauso finale, cui mi sono associato con entusiasmo, spero che incoraggi il gruppo per nuove messe in scena.

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2 risposte a Teatro a Chiusi: un Natale speciale

  1. Francesco storelli scrive:

    Grazie! Il calore della vostra accoglienza ha commosso anche noi. Troppo buoni tutti

  2. fulvio Barni scrive:

    Sabato ero presente allo spettacolo e sono state due ore piacevolissime. Concordo pienamente quello che ha esposto Enzo Sorbera nel suo articolo. Oserei dire un capolavoro teatrale, alla pari di altri così considerati con nomi e cognomi altisonanti al loro interno. Non nascondo che alla fine dello spettacolo, durante il lungo applauso, e nello scorrere delle immagini proiettate, ho dovuto asciugare qualche lacrima. Complimenti vivissimi a tutti.

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