di Romano Romanini
L’argomento del Piano Strutturale e del Piano Operativo è sempre di attualità anche se poi sale agli onori della cronaca solo in occasione delle elezioni o della loro approvazione.
Per il resto forze politiche, stampa e amministrazione tacciono. Eccezione a questa consuetudine è stata l’uscita del Bettolini che è andato ad un convegno organizzato dalla Regione Toscana nel quale ha esaltato le qualità del nostro Piano Regolatore (lo chiamo così solo per comodità).
Ovviamente ormai la prassi è quella dell’autocelebrazione 365 giorni all’anno e quindi l’occasione era troppo ghiotta per farsela sfuggire. Coincidenza fortuita vuole che in questo ultimo periodo, anche su una sollecitazione di Paolo Scattoni, mi sia dedicato ad analizzare il Piano Strutturale e Piano Operativo con l’obbiettivo di capire cosa è cambiato in questi 5 anni.
Il lavoro è in itinere ma per chi fosse interessato, in “Chiusiaperta” sono disponibili, oltre ad alcune schede sintetiche su Chiusi Scalo, Montallese e Querce al Pino-Macciano, anche le analisi (una prima parte) del Piano Strutturale che verranno completate prossimamente e a cui farà seguito un lavoro analogo anche sul Piano Operativo. Lo scopo, come dice Paolo è quello di fornire strumenti di documentazione e informazione per tracciare le decisioni e favorire la partecipazione diretta e più larga possibile dei cittadini. Poi ognuno ne trarrà le proprie conclusioni.
Ritornando sull’argomento una prima sintesi del Piano Strutturale è che si fa beffe del territorio considerandolo una risorsa disponibile da utilizzare in modo indiscriminato con l’obbiettivo di attrarre i consensi di quella parte della popolazione che crede ancora alla favola dell’edilizia come motore dello sviluppo.
La distanza tra le roboanti parole dei documenti illustrativi e la stringente incontrovertibilità dei numeri scritti nei documenti di Piano è assoluta. In particolare colpisce l’uso disinvolto del termine Recupero per qualificare operazioni che nella sostanza nulla hanno a che vedere con questo tipo di intervento. Allo stesso tempo colpisce l’ignorare in modo sistematico il patrimonio edilizio esistente ed in particolare quello non utilizzato che i dati ufficiali ci dicono essere consistente. Perché deve essere chiaro a tutti che questo piano favorisce i portatori di interessi forti che, oggi come ieri, si accaparrano aree inedificate per farle inserire nel Piano e danneggia la proprietà diffusa dei centri edificati ulteriormente penalizzati dall’assenza di una qualsiasi politica di incentivazione.
È vero, come scrive Maria (Spina), che questa pratica del sovradimensionamento è presente più di quanto non si pensi. Il problema, però, è che in Toscana abbiamo una legge urbanistica (LR 65/2015) che il problema del consumo di suolo se lo pone. La Regione Toscana ha organizzato un convegno per un primo bilancio. Io avevo un seminario a Roma e non sono potuto andare.
Il giorno seguente mi ha scritto un amico. Da ricercatori universitari siamo stati colleghi per tanti anni a Firenze. Ecco uno stralcio del suo messaggio
“Carissimo ho pensato molto a te in quanto venerdì alla Regione c’è stato un convegno sull’urbanistica toscana dopo la 65 e il piano paesaggistico. Grande pubblicità ed elogi al primo piano conforme ed esente da autorizzazioni al sindaco di Chiusi che in un travolgente intervento ha detto che loro sono bravi e virtuosi ed hanno tolto ben 20 casi di sviluppo dal Piano durante l’iter in conferenza di coopianificazione. sono rimasto perplesso, ma è vero?”
Ho risposto segnalando il lavoro di Romano che era già in parte presente su chiusiaperta.it
Sentendo altri per qualcuno era un’investitura a qualcosa. Personalmente non lo credo.
Meglio che si occupi di rotoballe e non esporti la propaganda che come le bugie ha le gambe corte.
A Chiusi mi è capitato di sentire solo un’anziana signora (esclusi gli addetti ai lavori) parlare di “svalutazione del mio modesto appartamento”, in occasione del varo del nuovo Piano strutturale.
L’idea corrente è, ancora, che costruire il nuovo è un guadagno per tutti.
Il freno, visto che la ragione è impotente, ci ha pensato la realtà a metterlo.
Scaramelli annunciò un Piano per una Chiusi da 10.000 abitanti in pochi anni. In pochi si opposero, oltre ai fatti.
Il problema messo a fuoco da Romanini (l’ignorare in modo sistematico il patrimonio edilizio esistente) non riguarda solo Chiusi e aree adiacenti ma si estende a tutto il territorio del nostro Paese. Sarebbe importante che tale “attitudine” dei consorzi (grandi e piccoli) che operano nel settore delle costruzioni fossero ben spiegate alla gente comune.
Innanzitutto le mie scuse all’autore. Questo articolo era stato inviato da giorni, ma accompagnava una documentazione da inserire in chiusiaperta.it che, per difficoltà
di formato, ha posto qualche problema di “montaggio” su quel sito. La documentazione messa a disposizione è di primaria importanza e potrà aiutare a impostare un dibattito consapevole.
Aggiorna un lavoro di tanti anni fa che era arrivato a ricostruire le vicende dell’urbanistica chiusina fino a metà degli anni ’80. Quella ricerca si è poi concretizzata in lavori di studenti nei corsi e diverse tesi: la mia di dottorato all’università di Newcastle, quella dello stesso Romano (Romanini) e Marcello Tacconi presso la facoltà di architettura di Firenze e Paolo Mencaglia presso quella di Venezia.
Oggi Romano ha fatto uno sforzo di aggiornamento importantissimo. chiusiaperta.it ospiterà questo studio come i suoi sviluppi.