Me ne intendo poco di dinamiche partitiche, ma credo che molte delle defezioni che i partiti stanno subendo siano l’effetto collaterale di una fase di transizione da una forma “indipendente” di partito, in grado quindi di poter rifiutare l’appoggio delle lobby per il proprio sostentamento, a quella più anglosassone di “party”, che invece proprio dalle lobby trae il suo sostentamento.
Grazie all’evidente strapotere delle lobby che i partiti oggi subiscono, gli iscritti percepiscono una alquanto ridotta capacità di influenzare la scelta politica e, quindi, si “disinnamorano” del ruolo di semplice osservatore al quale vengono relegati: se una volta l’iscritto viveva il suo coinvolgimento nel partito in maniera molto diretta e partecipata, oggi il suo ruolo è più simile a quello di un semplice simpatizzante.
Senza entrare nel dibattito su quale sia la forma che meglio incarna il (già vago) ideale di democrazia, il problema italiano è che il nostro ordinamento legislativo è stato reso aperto al modus anglosassone, senza però esprimere ancora le garanzie al cittadino che quelle modalità rendono necessarie per tutelarne gli interessi.
Nel mondo anglosassone, infatti, la trasparenza nell’attività politica ed amministrativa è un “must” che difficilmente può essere evitato, essendo un diritto fondante perché è solo attraverso di essa che gli interessi del cittadino vengono garantiti. Questa trasparenza viene attivata da tutta una serie di meccanismi amministrativi (panels pubblici, accesso libero agli atti, eccetera) che mi paiono tutt’ora poco presenti nel nostro ordinamento.
A Chiusi, ad esempio, questa impotenza legislativa si palesa con le ben note difficoltà nell’accesso agli atti del caso Bioecologia, ovvero con la convinzione da parte di alcuni di poter realizzare un piano regolatore senza coinvolgere veramente la cittadinanza.
Siamo, insomma, in un “metaStato”. Per uscire dal quale dovremo forse attendere parecchio, perché andranno riviste molte cose, comprese tra le altre la struttura ed il potere giudiziario, nonché certe interdipendenze tra politica e mezzi di comunicazione.
Forse è un male comune, nel senso che non è probabilmente solo l’Italia a soffrirne. Ma non parlerei per questo di mezzo gaudio: le “rivoluzioni fatte dall’interno” sono senz’altro più lente e non necessariamente meno dolorose di quelle popolari…
“l’inganno è nel titolo”.
Di quale articolo parli?
…….non capisco come una persona possa scrivere un articolo cosi’ succinto, chiaro e rispettante della realtà attuale e poi fare commenti come quelli che sono stati fatti in merito ad un articolo apparso tempo fa su questo blog.