di Paolo Scattoni
Ci sono voluti sei mesi per pubblicare il bilancio consuntivo 2017 della Fondazione Orizzonti d’Arte. Prendiamoci qualche giorno per studiarlo. Alcuni elementi, però, balzano subito agli occhi. In primo luogo la situazione debitoria che si aggira intorno ai 250.000 euro. Quel debito è verso le banche per 162.000 euro e fornitori vari per altri 73.000 euro.
Il presidente della Fondazione che è anche il sindaco di Chiusi ci dice che quel debito si è accumulato soprattutto dal 2014 in poi. Già è stato chiesto, ma vale la pena ripetere la domanda: la giunta di allora era in parte quella di adesso, il sindaco di oggi era assessore al bilancio, quindi chi non lui doveva capire che i costi non erano sostenibili?
Oggi abbiamo un “Festival Orizzonti” di sette giorni con 11 spettacoli. Possiamo ancora chiamarlo festival? Nome forse troppo pomposo per un programma di spettacoli, per quanto ne capiamo, dignitosi, ma che tutti insieme non fanno un’iniziativa di qualche rilievo nazionale o anche soltanto regionale, come fino a poco tempo fa si voleva far credere.
Vale ancora la pena affrontare i costi di gestione della fondazione per iniziative minime? Non ci potrebbero essere soluzioni meno costose?
Non ci si può inoltre esimere da un bilancio politico. Il Festival Orizzonti è servito anche come fiore all’occhiello di alcuni nostri politici, a cominciare dagli ultimi due sindaci che lo hanno utilizzato nelle loro campagne elettorali. Oggi dovranno pur dare una giustificazione delle affermazioni di allora.
Io penso che si debba procedere con scelte precise. Chiude o non chiude? Si esprimano le forze politiche e i cittadini.
Ha ragione Fiorani. Di che si parla e con chi, poi.
Alla faccia di chi non capisce il successo duraturo dei 5 Stelle. Il mondo è cambiato e sono bastati anche solo Crozza e i post su whatsapp ad asfaltare Renzi&Boschi.
Orizzonti è stato uno specchio fedele proprio della mancanza di… orizzonti, della classe dirigente attuale e non solo di Chiusi, purtroppo
Io invece credo che da dire ci sia molto. Buttiamo giù l’elenco delle opzioni:
1. Si lasciano le cose come stanno pagando quello che c’è d pagare.
2. Si chiude la Fondazione accollandosi i debiti e riorganizzando la programmazione culturale in altro modo.
Intanto partiamo da qui. Ci sarà tempo per affinare queste opzioni..
Prima di tutto si esprimano quelli che hanno la responsabilità della decisione e cioè chi siede in Consiglio Comunale. Poi si apra il dibattito alla cittadinanza. Per il poco che vale la mia posizione è quella favorevole alla chiusura.
Aspettiamo dunque fiduciosi qualche presa di posizione.
E’ la certificazione di un fallimento, politico, culturale ed economico.
Si sono dovuti inventare la cessione in usufrutto per trent’anni del teatro Mascagni (valutata oltre 300.000€) per non chiudere baracca. Lo scrivono loro!
Mi pare che ci sia poco da aggiungere.
Le valutazioni politiche latitano. Nessuno sembra voler prendere atto che questa avventura che ha provato il consenso dei più e l’opposizione di pochi, è diventato un cappio al collo per le finanze comunali. Per ora sono pochi coloro che sembrano voler andare fino in fondo sull’opposizione. Soltanto il gruppo consiliare di Possiamo ha detto che ci proverà.
Il blog è a disposizione per la pubblicazione dei risultati, man mano che vengono a formarsi.