di Paolo Scattoni
Ultimamente, amici anche avvertiti mi hanno posto il problema dei richiedenti asilo percepiti come minaccia, anche a Chiusi. Molti si domandano cosa facciano questi richiedenti asilo, sempre attaccati al cellulare. Secondo me il problema vero è l’ignoranza. C’è sicuramente la barriera linguistica che impedisce una comunicazione e l’acquisizione di notizie spogliate dai pregiudizi.
Non tutti sanno che ormai i cellulari costano poco, soprattutto se comprati di seconda mano. Come fanno a pagare le telefonate? Anche qui si ignora che è possibile fare telefonate gratuitamente anche all’estero e quindi con le proprie famiglie di origine tramite servizi come whatsapp.
Poi ad una certa ora, soprattutto nel tardo pomeriggio se ne vedono molti girellare nei dintorni della stazione. Anche questo non è un mistero. Con i provvedimenti del ministro degli interni Minniti del governo Gentiloni, si è allargata la possibilità di lavorare. Così la mattina presto si vedono stazionare a piazzetta Garibaldi per essere trasprtati al luogo di lavoro in campagna. A quanto ne so con regolare contratto di lavoro. Nel tardo pomeriggio vengono riportati a Chiusi. Se ne vedono molti nei pressi della stazione perché da lì vanno presso le strutture in cui sono ospitati: Sarteano, Cetona e Chianciano. Così in attesa del loro bus girellano nei dintorni. Una minaccia? Direi proprio di no.
C’è invece da capire come si può pensare una strategia per questi ragazzi in modo che possano integrarsi durante il processo di riconoscimento della protezione internazionale. L’associazione Innovazione Locale ha sperimentato la partecipazione di pochi di loro nei corsi organizzati negi ultimi tempi. L’esperimento è riuscito e occorrerebbe valorizzarlo in futuro. Ma è solo una goccia nel mare. Se però al piccolo si affiancassero tante altre piccole iniziative allora gli effetti positivi si vedrebbero.
x Carlo Sacco. Per quanto ne so i richiedenti asilo che lavorano in campagna hanno un contratto che prevede una remunerazione di 5 euro all’ora.
x Carlo Giulietti. Sono convnto che si possa vedere in questi ragazzi una risorsa più che un peso. Su chiusiblog è parzialmente documentata una sperimentazione dove un richiedente asilo dopo aver frequentato un corso Arduino organizzato dall’associazione Innovazione Locale ha poi continuato a studiare e sperimentare e questa estate ha svolto un corso per altri richiedenti asilo e un italiano. Rifuggo da piani complessi che quasi sempre non si realizzano, ma preferisco le strategie che si attuano per piccoli passi.
“L’ignoranza e la barriera linguistica” come dici tu, contribuiscono notevolmente a che i richiedenti asilo siano visti come “minaccia”.
Aggiungiamoci la propaganda negativa continua, martellante, soprattutto sui social, un po’ di naturale diffidenza verso ciò che è diverso e non si conosce, la mancanza di interventi volti alla socializzazione che le amministrazioni ospitanti potrebbero mettere in atto.
Il fatto che possano lavorare non aiuta certo a mitigare il clima di ostilità, forse lo accentua, anche se fanno attività che altri non accettano, quindi, la situazione è che se non lavorano sono fannulloni, se lavorano rubano il lavoro… non è semplice venirne a capo.
Utile a tutti sarebbe fargli frequentare corsi di lingue (propedeutici) e di formazione professionale, anche a chi avesse già conseguito titoli negli stati di provenienza. Dovrebbero essere spinti a farlo, anche se, a quanto ho capito, pochi intendono fermarsi nel nostro paese. Conoscendo la successiva destinazione le lingue potrebbero essere mirate anche a questo, servirebbe però una strategia europea a questo scopo, per individuare finanziamenti appositi. Ancora più complicato, ma possibile.
Utilizzare queste persone per i famosi lavori socialmente utili, potrebbe servire, a loro per “ripagare “ dei vari aiuti e alle amministrazioni per sopperire alla sempre più accentuata mancanza di operai, soprattutto nelle grandi città.
Comunque è difficile dare indicazioni senza conoscere tutte le…
Sono d’accordo con te che il giudizio che la gente esprime quando li vede attaccati ai cellulari sia un giudizio partorito da mera ignoranza, ma su questa e sul qualunquismo la Toscana credo che sia ad un livello abbastanza alto fra le regioni italiane.Io però una riflessione la farei e la farei proprio riguardo al punto che citi su come vengano utilizzate queste persone, visto che tu stesso mi sembra che ti chieda se esista un contratto regolare di lavoro per tali persone. Sarebbe bene che le autorità e le forze dell’ordine sorvegliassero non tanto tali ragazzi che male non fanno a nessuno, ma chi possa essere che dia a questi il lavoro e se tutto possa essere in ordine durante la prestazione lavorativa a partire dal contratto.Dico questo perchè visto quanto succede nel sud italia con la mano d’opera a prezzi nemmeno da sopravvivenza,non mi meraviglierei se l’interesse di chi il lavoro lo procura possa far parte di ambiti paralleli o quasi allo sfruttamento.Chi è preposto a tali controlli mi chiedo e mi chiedo anche se tali controlli vengano effettuati.
Condivisibilissimo!