di Paolo Scattoni
Lo faccio raramente su questo blog, ma oggi voglio partire da una notazione del tutto personale e familiare. Mia moglie è di origine eritrea. Sua fratello Woldeab, da poco cittadino italiano, ha un figlio che frequenta la prima media di Chiusi. A scuola gli è stato chiesto di costruire il suo albero genealogico. È rimasto male quando ha visto che i suoi compagni di classe erano riusciti ad andare indietro molto più di lui. Così mia moglie si è messa in moto per ricercare notizie. Telefonate in USA, Canada e Gran Bretagna. Finalmente dopo tanto girovagare l’ultima parente a lasciare Corbaria, villaggio dell’altopiano eritreo, ha fornito i riferimenti. Ha accompagnato l’informazione con un un rimprovero perché a mio cognato Woldeab, quando diversi anni fa era andato in visita al villaggio, gli avevano fatto scrivee la genealgia. Ma perché tanta attenzione a questa tradizione? Molto semplice. Dato che le possibilità di matrimonio fra abitanti del villaggio o villaggi vicini è limitata occorre verificare che non ci sposi fra consanguinei per evitare malattie ereditarie. È una sorta di genetica applicata che fino a pochi anni fa ha funzionato meglio che da noi. Ora non più perché c’è l’analisi del DNA.
Nessuna meraviglia, però, perché queste realtà, da noi considerate primitive, possono vantare una storia unica e importante. Gli abitanti di questi villaggi professavano la religione ebraica sin da prima della costruzione del tempio di re Salomone a Gerusalemme. Si sono poi convertiti al cristianesimo nel terzo, quarto secolo dopo Cristo, molto prima di molti popoli europei. Mi chiedo se i nostri governanti lo sanno quando si impegnano ad eliminare la protezione umanitaria dal nostro ordinamento. Ormai la rabbia per me fa posto al compatimento. Non tanto per la crassa ignoranza dei nostri governanti, che non studiano e trattano i richiedenti asilo come pacchi postali, quanto piuttosto per questo nostro povero Paese.
Concordo Paolo, bene hai fatto a raccontare questa cosa perché per dirla con il poeta: “sempre l’ignoranza fa paura ed il silenzio è uguale a morte”.
Grazie Paolo e ringrazia anche tua moglie per essersi fermata in questo nostro Paese i cui livelli di ignoranza e disumanità sono diventati insopportabili. Maria