di Paolo Scattoni
Il congresso del PD si terrà ai primi di febbraio. In poco più di due mesi anche a livello locale si dovrà decidere come preparasi a questo importante passaggio. I nostri problemi possono contribuire a mettere a fuoco una piattaforma programmatica capace di rilanciare il partito e il confronto co le altre forze politiche di centrosinistra?
Io credo di si. A Chiusi come altrove si dovrà discutere del ruolo delle ammininistrazioni locali governate dalla sinistra, la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, a partire dai dati del nostro comune, i nostri problemi ambientali, come favorire lo sviluppo di nuove imprese a partire da quelle a tecnologia avanzata. rapprese.Quello che secondo me dovrebbe avere la priorità su ciò che possiamo offrire alla piattaforma nazionale è il tema della coesione territoriale. Zone come la nostra sono avviate a un pergorso in cui la “distanza” dai centri urbani progressivamente aumenta. Il recente dibattito locale, principalmente su questo blog, sul trasporto ferroviario rappresenta un caso di scuola che può essere utile analizzare in dettaglio ed essere utile anche a livello nazionale.
Se fosse intrapreso un confronto su questo e altri temi resta da vedere se le forze della sinistra e del centro sinistra siano interessate a questo confronto.
Su quest’ultimo punto urge che tutti si esprimano nel merito. Se questo blog potrà aiutare ne saremmo più che felici.
Concordo con i due commenti. L’importante è partire. Ogni suggerimento sul come fare è ovviamente benvenuto.
Concordo sulla necessità di far uscire la politica dallo spazio angusto e fazioso dei social per riportarlo lì dove è più utile aprendo finalmente un’ampia discussione su temi reali del territorio. Mi preoccupa molto però il metodo. Sarà da evitare sicuramente l’alzata di scudi pregiudiziali a prescindere da una parte e il bullismo politico dall’altra. Se apertura ci deve essere, che sia totale e senza etichette e bandiere.
Vediamo un progressivo, inesorabile movimento di marginalizzazione delle aree periferiche come la nostra. Se si snatura il legame con il territorio, i costi saranno assai alti. Non è solo un problema di “distanza” dal centro. I fenomeni di spopolamento reale (abbandono dei nostri paesi per la città) e anche virtuale (presenza in loco ma solo come dormitorio) hanno effetti negativi sia per le aree interessate direttamente al fenomeno, sia per l’economia e società su scala regionale. Il declino demografico, sociale ed economico di queste aree ha costi diretti e indiretti: diretti, poiché la mancanza di manutenzione del territorio (collina e montagna) si ripercuote sugli assetti ecologici e ambientali anche della pianura e della costa; indiretti, perché si tolgono le possibilità di utilizzo economicamente produttivo delle importanti risorse – a partire da quelle paesaggistiche, storiche e ambientali – di cui le nostre zone dispongono. Anche qui sta l’origine dei disastri di questi ultimi anni: la mancanza o scarsità di popolazione affievolisce la frequenza/qualità delle manutenzioni con ricadute catastrofiche. Ma non è un fenomeno solo italiano. Attualmente, in Europa – almeno secondo i rapporti periodici sulla Coesione Sociale -, questo tipo di movimento riguarda circa 90 aree tra Spagna, Grecia, Francia, Finlandia, Svezia e Italia. L’inversione di tendenza o almeno un suo rallentamento richiede uno sforzo di immaginazione e di guida politica che può essere solo collettivo.