di Paolo Scattoni
Alcuni eventi recenti a Chiusi, stanno dimostrando, se pure ce ne fosse stato bisogno, della poca utilità di previsioni a lungo termine. Fino a qualche anno fa andava di moda il cosiddetto piano strategico. Non più i piani urbanistici classici dove in un contenitore unico la Pubblica amministrazione costruisce nel dettaglio l’uso del suo territorio.
Il piano strategico doveva coinvolgere una pluralità di attori che, ognuno per la propria parte, si impegnano per la realizzazione delle previsioni che non sono soltanto quelle dell’assetto fisico.
Come per la maggior parte dei piani urbanistici, anche quelli strategici non hanno funzionato. L’insieme delle previsioni con decisioni fra loro interconnesse con responsabilità distribuite per l’attuazione, si è troppe volte configurato come un mosaico dove è assai probabile che una delle tessere salti per far crollare l’intero disegno.
A Chiusi la recente interdittiva per i lavori del palazzetto è una prova di quanto detto. È stato un accadimento inaspettato che rimette in discussione la realizzazione di una strategia, almeno per quanto riguarda i tempi. Le prime risposte al fatto nuovo parlano di un ritardo nei lavori di circa cinque mesi. Previsione oltremodo ottimistica perché se dovesse accadere quello che nel sud Italia di solito accade l’impresa oggetto di interdizione ricorre ai tribunali amministrativi (TAR e Consiglio di Stato) con ritardi di anni. Le condizioni, anch’esse già alquanto improbabili per attività connesse, andrebbero a scomparire.
Un altro caso recente è quello dell’impianto di carbonizzazione proposto da ACEA che ha rititrato il progetto. È bastato l’egregio lavoro di alcuni qualificatissimi esperti attivati dal Comitato ARIA per far tramontare una strategia che vedeva a Chiusi un luogo privilegiato per il trattamento dei rifiuti. Anche qui (aggiungerei per fortuna) l’incertezza ha giocato il suo ruolo distruttivo.
Meno recente è il caso della cosiddetta piattaforma logistica. Un progetto che doveva fare di Chiusi un nodo fondamentale per il trasporto delle merci, ha prodotto una strada nel mezzo del niente.
Quelli che oggi propongono improbabili “tavoli di pace” non sembrano aver imparato la lezione. Quello di cui c’è bisogno non sono tanto disegni strategici, quanto piuttosto un quadro strategico entro il quale si possano registrare e confrontare le diverse posizioni pronto e capace di rispondere all’incertezza in maniera continua. Dovrebbe anche essere capace di raccogliere la conoscenza diffusa nel territorio, che la vicenda del carbonizzatore ha dimostrato esserci. All’utilizzo di questa conoscenza diffusa può forse contribuire anche la mia, maturata nella mia lunga attività di ricerca.
Fra poco avremo conferma di quello che ho scritto qui e nel post precedente. Al peggio non c’è mai fine.
Credo che Chiusi rispecchi l’Italia. Sappiamo che nel nostro Paese vige la legge del più furbo, incoraggiata dai vari parlamenti per loro convenienza. Noi Italiani non crediamo nello Stato, a ben ragione. Se lo Stato non ha fiducia in noi cittadini perchè noi dovremo aver fiducia nello Stato? Ovvio che ci sono eccezioni eccellenti ma, sono appunto eccezioni non la regola. A Chiusi credo ci sia un tasso di benessere abbastanza notevole, perchè dovrei ‘ sbattermi’ per il benessere dei cittadini creando cosi un’ inevitabile impopolarità quando posso fare i fatti miei (letteralmente)? Credo che fine a che lo Stato Italiano non si deciderà a dare fiducia ai suoi cittadini le cose non potranno migliorare e Chiusi farà sempre più onore al suo nome.