di Paolo Scattoni
Come emerge dal dibattito sui social, questo drammatico cambiamento della nostra vita quotidiana determina sensazioni molto diverse: timore, preoccupazione per il futuro delle imprese, rapporti fra le persone, dominio delle nazioni più forti, e così via.
C’è un giovane nigeriano richiedente asilo che mi ha inviato questa immagine che rispecchia le sue sensazioni. Kevin Friday è un richiedente asilo fuggito a poco più di vent’anni. In precedenza ne avevo pubblicata una immagine dell’opera non ancora finita. Poi Kevin mi ha rimandato quella completa accompagnata da questo commento:
“In seguito agli eventi della pandemia globale, è stato emesso un blocco a livello nazionale, ho scelto di esprimermi nel modo migliore che conosco attraverso la mia arte. speranza per il mondo, speranza per l’Italia, “andrà` tutto bene”
In Nigeria faceva il grafico. È uno dei pochi fortunati fra quelli nella sua condizione ad avere un contratto a tempo indeterminato (cameriere a Sarteano), ha conseguito la patente B e l‘esame di terza media. Si esprime bene in italiano, ma questa immagine comunica meglio di qualsiasi discorso quello che percepisce oggi.
Io credo che le regole che tutti (si spera) noi seguiamo stiano dando luogo a una discussione ridondante. L’unica cosa attualmente chiara è l’incertezza e la non prevedibilità delle conseguenze. Per me la ricetta è quella della speranza. Il detto “chi vivrà vedrà” è quello che più si addice alla situazione in questo passaggio.
Vorrei che questa situazione fosse un’occasione per rivalutare tanti aspetti della nostra vita, quella che facevamo qualche settimana fa e quella che dovremmo provare a fare. La speranza è un concetto cattolico che non mi appartiene, mi auguro più che venga messa in moto la volontà. La volontà di osservare le regole che ora ci sono imposte, dimenticando piccoli egoismi e la volontà di pensare a un futuro diverso da quello che ci siamo costruiti con le nostre vite frenetiche fino adesso.