di Paolo Scattoni
Piazzetta Garibaldi dopo i lavori mi riporta alla mente un aneddoto. Tanti anni fa, a far parte della commissione urbanistica del comune di Firenze, era stato chiamato un esperto di economia del territorio. Alla sua prima riunione si discuteva di un progetto di opera pubblica. Ascoltò con pazienza architetti e ingegneri disquisire a lungo su altezze, indici di copertura e fabbricabilità, distanze e altre tecnicalità. Alla fine sbottò: “scusate io qui sono nuovo, ma che è brutta si può dire?“.
Se lo si dice di piazzetta Garibaldi ti rispondono che “tutti gusti sono gusti. A noi piace”. Piace così tanto agli estimatori che uno di loro ha anche paventato un grande rialzo dei valori immobiliari dei negozi circostanti. Che dire? La considero una difesa disperata.
Una cosa, però è certa ci sono due querce ormai secche che agli occhi di un ignorante in materia come me, sono definitivamente irrecuperabili.
Se non sbaglio quelle sono querce canadesi a più rapido accrescimento. Quelle autoctone avrebbero richiesto decenni per arrivare ad uno sviluppo significativo. Sempre a memoria ricordo che furono pagate un bel po’ di soldi. In venti anni dalla loro piantumazione avevano aumentato il loro valore. Sarebbe interessante sapere quale sarebbe stato oggi il loro valore di mercato. Come pure sarebbe interessante sapere perché si sono seccate se prima dei lavori erano vive e vegete.
Possiamo ipotizzare senza offendere nessuno che la causa è stato il modo con cui sono stati condotti i lavori? Allora godiamoci la nuova piazzetta, o meglio se la goda a chi piace. Noi siamo sempre dell’opinione che è davvero brutta.