di Paolo Scattoni
Vorrei raccontare la storia di un richiedente asilo residente dalle nostre parti. L’occasione me la dà la sentenza della sezione civile del tribunale di Firenze. È una storia che dura da cinque anni, da quando nel 2017 il richiedente asilo è arrivato in Italia e ha fatto domanda di asilo politico. L’ha riassunta in un libretto di cui abbiamo parlato anche su chiusiblog.
Con la sentenza di ieri non ha ricevuto il riconoscimento di rifugiato politico in quanto la sua fuga non era dovuta all’appartenenza ad un gruppo o associazione politici. Ha ricevuto invece la concessione di protezione sussidiaria perché il ritorno al Paese di origine avrebbe rappresentato un pericolo per la sua incolumità. Ora potrà avere un permesso di soggiorno per cinque anni. Potrà continuare il suo apprendistato in un salone di parrucchiere come pure quella di artista di cui abbiamo parlato in altro articolo.
Ho letto con attenzione le venti pagine del dispositivo. Si è soliti dire che le sentenze non si commentano ed io non la commento. Esprimo soltanto un‘impressione che è del tutto positiva. Il collegio giudicante è riuscito in un mese a riassumere nel dettaglio la vicende e mostra una profonda conoscenza delle vicende del Paese di origine dell’interessato. Forse un qualche ruolo nella descrizione del “viaggio” lo ha avuto anche il libretto di cui sopra.
Ricordo quando quando qualche anno fa il fenomeno degli immigrati dall’Africa si stava sviluppando e i richiedenti asilo non potevano lavorare.e Stazionavano nei Centri di Accoglienza-CAS perché non avevano qualcosa da fare. Intorno a loro cresceva diffidenza se non paura. A chi mi esternava questi sentimenti suggerivo di parlare direttamente con questi ragazzi. Poco ascoltato purtroppo.
Oggi di questo problema per fortuna si parla molto meno. Le storie si arricchiscono delle esperienze di lavoro regolare. Molti di quei ragazzi oggi contribuiscono alla creazione di ricchezza del nostro (e del loro) Paese.
Luca (Scaramelli) purtroppo non è facile far passare certe idee, anche se molto semplici, a quello che chiami livello istituzionale che agisce poco perché non vuole noie, mentre il lavoro volontario (quello senza soldi) è visto spesso con un certo fastidio.
Sono assolutamente d’accordo con te Paolo (Scattoni), sarebbe importante lo facesse magari anche chi ha incarichi istituzionali, credo servirebbe solo un po’ di voglia, sensibilità e capacità di uscire dai binari dello scontato.
Grazie Luca (Scaramelli). Mi scuso per non essere stato chiaro nel mio post. Quando ce ne sarà occasione mi farà piacere farti avere una copia del breve libro di Kevin. Mi farebbe piacere lo leggessero anche i tuoi ragazzi. Kevin ha vissuto da solo (letteralmente) dall’età di 11 anni. Vedeva la madre due volte al mese.
Mi chiedo se non sia possibile raccontare queste storie. Oggi si possono pubblicare libri con poco. Se anche soltanto poche decine di persone a Chiusi le conoscessero si capirebbe che certi “estranei” sono una risorsa.
Anche io pensavo si parlasse di George, grazie a te Paolo (Scattoni) ho letto il suo libro, auguri Kevin Friday.
Passo i tuoi auguri a George che ha già il riconoscimento di rifugiato politico. Dopo la maturità professionale conseguita al serale ora lavora per un’impresa di Chiusi.
Nell’articolo parlo di Kevin Friday. Anche lui ha scritto un breve libro “Una matita dalla Nigeria all’Italia”. Quando ci vediamo te ne regalo una copia.
Contento per George; un bravo ragazzo.
Ho conosciuto la sua vicenda attraverso il libro “Perchè l’Italia?”, spero che questa sentenza sia un passo verso una vita migliore.