di Luciano Fiorani
Con un libriccino, dal titolo “Una matita. Dalla Nigeria all’Italia”, Kevin Friday un ragazzo nigeriano, ci racconta la sua vicenda di rifugiato.
E il fatto di raccontare la propria storia è come darsi un nome (per conoscersi e farsi riconoscere) da una società che, altrimenti, ammassa tutti gli immigrati, indistintamente dentro un generale “problema immigrazione”.
E non lascia spazio a ciò che singolarmente ognuno di loro è, a cosa sa fare e a quello che è disposto a dare.
Kevin nel suo racconto non nasconde di aver trovato, una volta giunto in Italia, persone che lo hanno aiutato in questa nuova fase della sua vita.
Persone che vanno dall’insegnante di italiano, al nuovo amico nigeriano che, prima di lui, ha percorso la stessa strada fino al “professore” che ha saputo facilitargli, in molti aspetti, l’inserimento nella nuova realtà.
Kevin, infatti, è arrivato da queste parti da quasi cinque anni e nel suo pergrinare tra Chianciano, Chiusi e Sarteano ha trovato il modo di farsi conoscere, inserirsi e lavorare.
Ma la sua vera vocazione è quella del disegno e nel libriccino ne troviamo diversi che illustrano le sue vicende in Africa e in Italia.
Questa storia conferma come con un briciolo di attenzione si può orientare, anche senza ulteriori consistenti interventi economici rispetto a quelli ordinari riservati ai richiedenti asilo, la vita di una persona verso un percorso in cui c’è spazio anche per i sogni.