Piano Strutturale Intercomunale: un’occasione mancata e una sciagura per Chiusi

di Romano Romanini

Un Piano  che avrebbe dovuto perseguire la valorizzazione delle vocazioni dei singoli territori con una pianificazione coordinata ed equilibrata e che invece si è tradotto nel suo contrario.

La negazione delle peculiarità di alcuni comuni a favore di altri e la conseguente marginalizzazione dei primi. Che le cose stiano così ce lo conferma la stessa Regione Toscana che a conclusione dell’esame del Piano ha dichiarato:

”(…) eccessivo il nuovo consumo di suolo esterno al perimetro del territorio urbanizzato previsto nel PSI della Valdichiana Senese. La conferenza evidenzia inoltre che, (…) in una logica di pianificazione d’area vasta, sarebbe stato opportuno concepire una razionalizzazione maggiore delle aree produttive, identificando le aree più idonee e meglio infrastrutturate, (APEA) e redistribuendo e compensando i vantaggi e gli oneri sia di natura territoriale che ambientale tra i diversi comuni attraverso la perequazione territoriale ed evitare così inutili sprechi di consumo di suolo e la dispersione delle previsioni produttive.”

Sperequazione nella localizzazione delle previsioni e conseguente squilibrio delle potenzialità e delle vocazioni  che, nel nostro caso, relega Chiusi ad area marginale priva di “ruolo sovracomunale”. Nessuna previsione di valorizzazione delle eccellenze del nostro territorio (la più estesa e ricca area archeologica dell’intera Unione, il Museo Nazionale Etrusco, le tombe etrusche, il lago), nessuna previsione di riuso di aree dismesse che per dimensioni e collocazione sarebbero in grado di svolgere un ruolo sovracomunale (su tutti la vecchia Fornace e il Centro intermodale) con la sola eccezione dell’espansione del polo commerciale di Querce al Pino che paradossalmente acuisce la forte competitività con le attività ricettive, commerciali e direzionali di Chiusi Città e Chiusi Scalo favorendone l’ulteriore declino.

Infine ma non certo per ultimo, è completamente ignorato il ruolo della stazione ferroviaria di Chiusi che, lungo le direttrici nazionali Napoli-Roma-Firenze-Milano–Venezia ad oggi è l’unica porta di accesso ferroviaria a tutta l’area dell’Unione dei Comuni e della Val d’Orcia. Anche volendo trascurare la acclarata improponibilità della stazione AV nel territorio di Montepulciano (se si farà la stazione in linea a Rigutino e comunque mai alle Tre Berte) i tempi per la sua realizzazione sono dell’ordine di 10 anni (tanti ne sono serviti per la Mediapadana). 10 anni sono un tempo lunghissimo in cui tutto può cambiare e sconcerta come di fronte a soluzioni immediate e già operative a costo zero (Stazioni AV a Chiusi e Arezzo) si voglia, cocciutamente e bovinamente perseguire il miraggio della stazione in linea. 10 anni, gli stessi dell’orizzonte previsionale del Piano e quindi la domanda è: in attesa della fantomatica stazione in linea cosa ne facciamo della stazione di Chiusi? Qual è la strategia dell’intera Unione dei comuni in questi 10 anni? Il Piano ha bellamente e colpevolmente ignorato la questione, ed è dunque viziato da carenze strategico-strutturali che ne inficiano gran parte delle previsioni, tutte centrate su assunti ipotetici e privi di riscontri reali.”

Ma allora perché lo si è adottato? Possibile che i nostri amministratori siano così sprovveduti? Certo, è possibile ma più probabile è che non lo siano. E quindi? E quindi è ragionevole pensare che la localizzazione alle Tre Berte sia un alibi. Un alibi privo di qualunque relazione con il reale contesto delle intenzioni politiche fino ad oggi discusse ed esaminate in merito ai possibili siti ove collocarla. Un alibi per i cittadini utile e necessario ad occultare il supino adeguamento alle direttive regionali del PD ed all’indubbio ruolo egemonico che Montepulciano, Sinalunga e Torrita si sono assicurati con questo Piano. La Regione  vuole comunque la stazione in linea e la vuole a Rigutino. La previsione alle Tre Berte è servita ai tre Comuni per giustificare e imporre previsioni che azzerano il ruolo sovracomunale di Chiusi come centro produttivo, logistico e culturale e lo spostano nei loro territori ed infine a Chiusi per poter dire: meglio lì che niente.

Ecco in questo niente paradossalmente a Chiusi rimangono le industrie insalubri e quelle che trattano rifiuti. Quelle non ce le toccano di certo!

Non mancherà l’occasione per entrare più nel merito delle scellerate previsioni di questo Piano ma fin da ora è evidentissimo che per Chiusi è una vera sciagura.

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3 risposte a Piano Strutturale Intercomunale: un’occasione mancata e una sciagura per Chiusi

  1. carlo sacco scrive:

    Il nostro e compianto comune amico Luciano Fiorani di cui abbiamo sentito stasera nella presenza in Piazzetta la sua mancanza,una volta ebbe a dirmi che in un viaggio di circa una decina di anni fa in Francia era passato per Cluny,la cui abbazia fu rasa al suolo dalla gente inferocita.Aveva se ben ricordo deviato una parte del suo percorso per tentare di visitarla ma di tale abbazia simbolo del clero dell’epoca imperante e che controllava ogni cosa e soprattutto la vita delle persone,non rimanevano come epitaffio chè poche squadrate pietre.Ecco,questo per dire che la situazione citata nel testo di questo Post ci spinge ad una riflessione che è quella che poi tira tira il filo si spezza e prevale la violenza che quando prende il via poi per fermarla sono dolori. Questo scritto non vuol suonare come una minaccia verso chicchessia ma come talvolta abbiamo assistito ad una querelle di manifestazioni non tanto pacifiche sorte per esempio per i casi del NO TAV,dove anche dei sindaci hanno affiancato i comitati,anche per il nostro territorio possano presentarsi cose del genere che sarebbero deleterie.In un discorso globale l’autorità pubblica dovrebbe prevedere anche tale possibilità.Ecco perchè c’è bisogno da parte della POLITICA di esaminare le cose con la dovuta razionalità e logica perchè fin’ora di questa mi sembra che non si abbia avuto sentore nei propositi fatti da coloro che premono per costruire cattedrali nel deserto.

  2. enzo sorbera scrive:

    Mi sembra che ci siano una serie di dati politici che emergono da una lettura in chiave di prospettiva delle opzioni che il piano persegue. In primo luogo, una frattura “scomposta” tra Montepulciano (+ Torrita) e il resto dell’Unione: si rinuncia a fare massa critica di territorio e popolazione per perseguire un disegno che conduce all’isolamento di Monteporrita (malgrado il referendum, non è tramontato il sogno della fusione) – illuso di fare il Golia della situazione -. Si pensi solamente alla deformazione paesaggistica (e di microclima – viste le previsioni a ridosso dell’oasi naturalistica -) di un mostro come una stazione in linea a Tre Berte per chi guarda da Montepulciano verso il lago Trasimeno. L’altra frattura riguarda Sinalunga, sempre più attratta verso il polo aretino. Infine il “polo sud” (Chiusi,Cetona, San Casciano, Chianciano che esalerà l’ultimo respiro, ecc.), in “gravitazione” su situazioni marginalizzate (Grosseto/Perugia). Questo strumento previsionale è l’atto di morte dell’antico progetto della “Città Valdichiana” (e di Siena e delle sue ambizioni di grandeur). Converrà prenderne atto e darsi strategie alternative.

  3. pscattoni scrive:

    Vale la pena ricordare che giovedì 24 agosto in piazzetta Garibaldi dalle 21.30 si comincerà a discutere su questi temi. È un’iniziativa del Comitato per la valorizzazione della Stazione di Chiusi aperta a tutti i cittadini interessati.

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