di Paolo Scattoni
Daniele Di Sivo, l’edicolante di Via Leonardo da Vinci ha gettato la spugna. Se n’è già parlato e scritto sui giornali online e sul web.
Aggiungo soltanto alcuni ricordi personali di questa edicola vecchia almeno di settant’anni. La prima edicolante era un’attempata signora, conosciuta in paese come la “giornalaia“. I quotidiani al tempo costavano trenta lire o giù di li. Per me bambino che sapeva da poco leggere e scrivere, trovavo l’informazione leggendo le locandine de La Nazione e un altro giornale (Unità?). Di quel periodo ricordo che mi impressionò l’invasione dei carri armati sovietici in Ungheria. Era il 1956.
Dopo la gestione della “giornalaia” ne seguirono altre con stili diversi. Anni fa mi capitò di conoscere il figlio dell’edicolante Piccioni, ricercatore universitario. Gli fece piacere sapere ricordare che suo padre era solito confrontarsi con il nostro concittadino Bruno Moscatelli, che poi sarebbe diventato un matematico di fama mondiale.
Questi i miei ricordi. Del dibattito che è seguito in questi giorni sulla chiusura tutti sembrano concordare che si tratta di una conferma della perdita di centralità di Chiusi Scalo dove si veniva a comprare o usufruire di servizi assenti nei comuni di residenza.
Se ne discute da tempo, ma non sembra che ci siano proposte credibili. Si tratta di mettere a punto una strategia credibile per un recupero della coesione territoriale. In Italia abbiamo un’Agenzia per la coesione che potrebbe aiutare. In passato è stata diretta da Fabrizio Barca che potremmo tentare di portare a Chiusi per fornirci preziosa informazione.
Nel suo articolo su chiusi blog, a proposito della chiusura dell ‘edicola di chiusi scalo, c’è tanta verità, tanta malinconia e, mi permetta poca speranza, speranza di una rinascita, di un nuovo inizio. Anch’io ho ripensato soprattutto a tante persone che nel corso degli anni avevano come punto di incontro proprio l ‘ Edicola
Penso, in primis, a Leo Vagnetti, ad Orfeo Bardini, all’ amico Mencaglia, al maestro Scattoni, tutte persone che hanno fatto la storia di Chiusi, di un paese emancipato e in continua crescita che ora sta perdendo, uno ad uno i suoi più significativi “pezzi”
Si incontravano soprattutto la domenica mattina, dopo la messa, e mettevano a nudo le problematiche cittadine, ognuno a suo modo, con le proprie idee e le proprie posizioni, direi anche politiche. E qualche sensata proposta veniva fuori! Pezzi di vita vera, di umanità e vorrei aggiungere, di cultura.
Sembra però che non si faccia molto per cercare di arginare quella che viene chiamato fenomeno di desertificazione
Si parla, si parla, si parla dell’annoso problema della “ferrovia” di Chiusi Scalo, per esempio, da anni
C’è uno scambio continuo di responsabilità in un balletto infinito di “parole” ma non di fatti
Ma la soluzione?
Io non sono in grado, non ne ho i mezzi, per offrirne una concreta se non quella di aver aderito al comitato che comunque ha dato voce alle persone, ai cittadini.
Sembra tanto difficile, forse perché mancano proprio persone come quelle da me citate in un elenco non numericamente generoso ma di impatto emotivo.