La Corale Arcadelt ospita un’importante rassegna di cori sardi. 3 novembre in Duomo

di Enzo Sorbera

Il 3 novembre prossimo in Duomo, la Corale Arcadelt incontrerà alcuni cori della Sardegna. L’incontro con cori di altre regioni non è un evento nuovo (ultimi ospiti, in ordine di tempo,sono stati gli amici del Veneto), si inserisce in una sorta di progetto di scoperta dei tesori musicali che offre la nostra penisola. Anche questa volta siamo di fronte a qualcosa di speciale.

In generale, anche quando ci troviamo di fronte a scelte di musica popolare, abbiamo sempre materiali elaborati e filtrati da categorie e stilemi di musica colta (anche la nostra Arcadelt ha a repertorio alcuni brani popolari, ma che sono stati rimaneggiati e organizzati da musicisti). Nel caso degli amici sardi, invece, avremo una preponderanza di musica della tradizione popolare in cui queste operazioni di organizzazione non valgono.

Questo significa che i brani che ascolteremo sono ereditati da una cultura orale antica. Si tratta di musica per la quale non esistono partiture originali, ma solo trascrizioni di quanto si tramanda da secoli mediante circolazione da vecchi a giovani. Coerentemente con questo statuto tradizionale, si tratta di musica che si esegue in maniera estemporanea, cioè in momenti non legati a ritualità od occasionalità specifiche (salvo alcune tipologie, come ad es. s’attittu, che è collegato al lutto e al funerale – sas attittàdoras sono l’equivalente delle prefiche della cultura calabro-lucana -): basta un gruppetto con le bokes, le voci necessarie, ed è subito canto.

Ci sono diverse tipologie di canto. La più nota, che è stata dichiarata patrimonio immateriale dell’umanità dall’UNESCO,  è su cantu a tenore dove si misurano quattro voci: il tenore (la voce più alta, che da’  il tema, il ritmo  e canta la melodia), bassu (la voce di basso profondo), contra (la voce di contrasto, particolarmente interessante perché lavora su un meccanismo di faringalizzazione peculiare e si articola intonando sulla quinta rispetto al basso) e med’oke (la voce mediana). Si è ipotizzato (Deplano, Cirese,Zedda) che le voci diverse dal tenore richiamino il verso animale (muggito per il basso, pecora per il contra e agnello per media), contrapponendosi alla vocalità tenorile (che sarebbe l’umano). A mio parere, significa trovare giustificazioni a posteriori per questa vocalità che, invece, credo vada vista principalmente come manifestazione giocosa: in fondo, facciamo tutti parte anche del genere Homo ludens. Abbiamo poi il Cantu torràu o cantu de séi la cui particolarità è di essere “a botta e risposta”, cioè è un canto improvvisato tipico delle gare poetiche (infatti, su cantu de séi è articolato in muttettus o battorinas, andamenti poetici con piedi metrici che affondano nella tradizione trocaica e ditirambica. Hanno anche la caratteristica del ”motteggiare” tipico di prese in giro ma soprattutto di pronta battuta) e poi abbiamoil cantu de opu (da lavoro) e varie altre tipologie. Tutti questi canti sono strutturati secondo cadenze e ritmiche che consentono e accompagnano la danza.

Una parte di questa tipologia di canti sicuramente l’ ascolteremo durante la rassegna del 3 novembre. Però, le tipologie che ho descritto sono tipicamente maschili. Noi avremo ospiti anche un coro maschile con una voce femminile e un coro tutto femminile: sono curioso di ascoltare quale tipo di tradizione presenteranno. Magari ne riparleremo dopo la rassegna. Vi aspettiamo numerosi.

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