Nel 1981, quando si svolse la prima edizione dei Ruzzi, esisteva a Chiusi un periodico, L’Agorà*, che dedicò all’avvenimento la giusta attenzione.
Dal numero di ottobre di quell’anno abbiamo ripreso l’intervista che Raffaello Battilana e Giuliano Fratoni realizzarono a Firenze con Chiarini, uno degli ultimi campioni della Palla al bracciale.
“Chiarini è il campione di Palla al bracciale che ha assistito alla prima edizione dei Ruzzi. Il bracciale che abbiamo visto accanto alla Conca in apertura dei giochi è adesso in mezzo ai tanti trofei che Chiarini ha vinto nella sua lunga carriera sportiva.
Battilana-Fratoni: …Ma dei Ruzzi che ne pensa?
Chiarini: Devo dire che quando sono partito da Firenze ero molto scettico. Sono circa vent’anni che il bracciale non si gioca più, e poi Chiusi non aveva nemmeno mai avuto lo sferisterio (il campo dove si giocava il bracciale). Ma sono poi rimasto stupito. Mi sembrava di essere tornato indietro di vent’anni. Vedere tutta quella gente e quei giovani in tenuta bianca mi ha sinceramente emozionato.
Battilana-Fratoni: E il ricordo va subito a “quei tempi”, che videro il nostro campione secondo, nello sferisterio di faenza, dietyro soltanto al grande Rondini. E sfodera una serie di suggerimenti per fare dei Ruzzi gli eredi di questo antico gioco.
Chiarini: Il campo, per esempio, deve essere o in terra battuta o, al limite, in asfalto con un muro che corre lungo tutta la linea laterale. Come si può osservare in quei pochi sferisteri che si trovano ancora in vita: oltre che alle cascine anche a Poggibonsi e Sinalunga. Il palloncino è troppo leggero, prende vento. Il nostropesava 330 grammi ed era molto più piccolo. Conosco l’indirizzo di una ditta di roma che dovrebbe ancora fabbricarne. C’è poi il problema del mandarino, ogni giocatore aveva il suo e doveva esserci affiatamento, e poi…
Battilana-Fratoni: Proviamo ad interromperlo e gli chiediamo cosa farebbe per ovviare alla lungheza del gioco.
Chiarini: Innanzi tutto i punteggi erano come quelli del tennis;15, 30, 40 e gioco. Poi bisognerebbe fare le semifinali il sabato per alleggerire la domenica. Altrimenti c’è il rischio che il gioco sembri noioso e invece il Bracciale era proprio bello.
Battilana-Fratoni: Gli chiediamo se c’era spettacolo e perchè allora è andato finendo.
Chiarini: Spettacolo ce n’era molto. E gli spettatori partecipavano, anche perchè c’erano le scommesse. Si poteva puntare sul singolo giocatore oppure sull’accoppiata, insomma come all’ippodromo. Anche se poi la degenerazione delle scommesse è stato uno dei motiviper cui intorno al ’55 questo gioco che si giocava fin dal tempo dei Medici finì. Unvero peccato se pensate che campioni come Rondini o i fratelli Silimbani, Balilla Magri di Foligno, Sarcinelli o Tripolini lanciavano il palloncino oltre i 100 metri. C’erano battitori che volavano tutte le palle di battuta al di la del campo avversario. E vi assicuro che non era facile. Perchè è finito mi chiedete. Perchè con le scommesse e l’inserimento del totalizzatore l’antico spirito di rivalità agonistica venne alterato e perchè pian piano sparivano gli artigiani che costruivano bracciali e palloncini. Se quei ragazzi che ho visto giocare a Chiusi avessero un campo per allenarsi tutto l’anno, chissà, che non riuscirebbero a far rinascere la passione per quel bel gioco che era la Palla al Bracciale.”
*L’Agorà – anno2 numero9 ottobre1981
Mi dispiace Paolo(Scattoni), credo sia rimasto nella vecchia sede de L’Agora’.
Caro Lele (Battilana) grazie per il messaggio (quali dieci righe 😉 sei appena alla metà!). Ricordo che avevi anche un vecchio regolamentodel gioco. Lo possiedi ancora?
Fatti sentire un po’ più spesso.
Ringrazio Luciano (Fiorani) e Paolo (Scattoni) per aver rispolverato un articolo di cui non mi sarei mai ricordato. A proposito de L’Agora’ ricordo invece che “noi della redazione” fummo sotanzialmente critici nei confronti dei Ruzzi. Imputammo al Comitato Organizzatore la mancanza di precedenti storici e l’assurdita’ di sfilare per le strade di una cittadina con poca storia con costumi di secoli precedenti. Noto con piacere che i Ruzzi hanno compiuto 30 anni! Evidentemente c’eravamo sbagliati noi con la nostra “supponenza”.
Se posso permettermi un modesto suggerimento da chiusino “emigrato”: fate attenzione a non incorrere nello stesso errore. Mi scuso per aver superato “abbondamente” le 10 righe ma l’occasione è ghiotta per salutare con affetto tutti gli amici di quel periodo che vedo tra i fondatori – lettori – commentatori di Chiusiblog.
Nel vecchio catasto leopoldino l’attuale Prato è denominato “gioco del pallone”.
Probabilmente il “mai” dell’intervistato è da intendersi -a memoria sua-.
Un appunto al volo x Nicola Nenci (sono a casa, quindi ho soltanto google bookshop come aiuto): http://books.google.com/books?id=P0cQAAAAYAAJ&pg=PA721&dq=Repetti+chiusi+gioco+pallone&hl=it&ei=H4BRTo7hNYeM4gTluojGBw&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CCwQ6AEwAA#v=onepage&q&f=false
Dal Repetti… Si giocava a Pallone col bracciale proprio al Prato.
Grazie ai redattori del blog x l’articolo!
Che Chiusi non ha mai avuto un campo apposito per questo tipo di gioco è un’imprecisione. Se la memoria non m’inganna venne creato nel ‘700 ristrutturando un’area che fino a quel tempo era usata come una sorta di discarica. Per farlo utilizzarono il terreno riportato che era stato cavato dalle grotte vicino al bar “ex culicchio”, dove c’era il distributore di benzina.
L’area che venne adibita al “giuoco del pallone” sono i giardini de “Il Prato”, la cui ultima e attuale sistemazione risale (cito a memoria per cui potrei sbagliare) al 1928.
Non credo sia un caso, infatti, che il muro che divide i giardini dal parco della Fortezza, sia stato proprio rialzato nel ‘700.
Nell’archivio storico del Comune c’è un faldone in cui Don Bersotti (nel suo stile ricilatorio) raccolse tutti i documenti relativi a quell’area.
Se qualcuno ha più notizie in merito vi pregherei di condividerle, anche per correggere miei eventuali sbagli.