Dopo vari anni di sanguinose lotte tra guelfi e ghibellini, orvietani, perugini e senesi, che si avvicendarono per secoli nel sottomettere la nostra città al proprio volere, i chiusini si stancarono di sentirsi oppressi e decisero di respirare un po’ di libertà.
Nel 1337 Chiusi divenne libero comune e batté moneta propria fino al 1355. L’avvenuta coniazione è sicuramente cosa certa, infatti, tutti i numismatici l’attribuiscono a quegli anni. Il Bellini, per esempio, nel suo “De Monetis italiae” o il Promis, nelle “Tavole sinottiche”. Non mancano però le controversie a proposito di chi deteneva il potere nella nostra città in quel momento. Nell’archivio storico comunale è del tutto mancante la parte che riguarda il 1300, quindi non riscontrabili le poche notizie pervenuteci da altre fonti di cui siamo in possesso.
Proviamo in ogni modo a fare un po’ di luce su quel periodo. Nel 1327, Chiusi, con un atto che porta la data del 15 dicembre, si sottomise completamente alla città di Perugia. Gli umbri però le lasciarono lo stesso un’ampia autonomia. La capitolazione, infatti, oltre a riconoscerne gli statuti e le magistrature esistenti prevedeva che il nostro comune esercitasse una propria autorità giurisdizionale. Solo per quanto riguardava la nomina del Podestà, che aveva il compito di sovrintendere sull’operato dell’amministrazione comunale e mantenere contatti con la città dominante, era previsto che avvenisse nella persona di un perugino. Era Chiusi stesso, di fatto, ad eleggerlo, ma con l’obbligo di scegliere i candidati tra i nobili di Perugia.
Sempre secondo tali fonti, la città umbra vi mantenne la propria autorità fino al 1355. Ne costituirebbe prova l’invito fatto ai chiusini dal podestà di Perugia per la festa di Sant’Ercolano del 1351, dove per tale occasione, gli stessi, furono obbligati a pagare un “censo”. Da altre voci, invece, naturalmente sempre documentate, apprendiamo che nel 1328 Orvieto, sotto il cui dominio Chiusi si sarebbe trovata in quel periodo, mise a capo della stessa, Napoleuccio di Pietro Novello Monaldeschi del Cane, Capitano di guerra.
Nel 1355 si ha ancora notizia di un nuovo atto di sottomissione a Perugia. E questa informazione darebbe piena ragione a chi sostiene la tesi della completa autonomia di Chiusi, libero comune, dal 1337 al 1355.
Lo storico J. Gori scrive a proposito della libertà comunale di Chiusi: “Successe ancora che li cittadini di Chiusi, avendo inteso la morte di Ermanno (1) con trattato entrarono dentro la rocca di Chiusi e cacciarono fuora il Capitano che vi stava per gli Orvietani. Et, essendosi ancora levato il popolo contro li reggenti di Chiusi, cacciarono fuori dalla loro città quelli con tutti i soldati orvietani a forza d’arme et, essendo poi favoriti dalli Senesi loro amici, restarono in libertà e cominciarono reggere là città secondo i propri costumi”. Arrivati a questo punto non possiamo affermare con assoluta certezza se i chiusini cacciarono gli Orvietani o i Perugini, sappiamo però che chiunque fosse stato l’oppressore la città restò per circa diciotto anni nella piena autonomia.
La moneta, cui è stato fatto cenno, è in argento e porta impressa sul davanti l’effige di San Silvestro. Lo stesso è raffigurato sotto le sembianze di un vescovo con la mitra, il pastorale, il pallio e la mano destra sollevata nell’atto di benedire. L’immagine è circondata dal motto “S. Silvester”. Sul retro vi è rappresentata invece, una croce con due stelle agli angoli, contornata dalla scritta ”De Clusio”, interrotta da fiordalisi caducei.
Nel 1355, quindi, Chiusi cessò definitivamente di vivere in piena libertà. Nel 1354, l’imperatore Carlo IV giunse in Italia per ribadire il suo dominio. Andò a Milano dove i Visconti, signori del luogo, fecero in modo che ricevesse la corona di ferro (2). Si fermò a Siena, dove appoggiò una sommossa popolare che tolse il potere ai signori della repubblica e nominò suo Vicario imperiale l’Arcivescovo di Praga. Di passaggio verso Roma, dove si stava recando per essere incoronato dal Legato del Papa, si fermò a Chiusi. Placò gli animi dei nobili locali, ricompose le controversie che vi erano e prima di proseguire il suo viaggio designò anche qui un proprio Vicario. Durante la sosta nella nostra città, volle recarsi in Cattedrale per vedere e venerare l’anello nuziale della Madonna.
(1) Ermanno Monaldeschi della Cervara. Ricco e potente nobile Orvietano, capo dei Guelfi intransigenti, aspirava alla Signoria assoluta su Orvieto.
Bravo Barni. “Battere” moneta è il segno della potenza della città. Dal Bous greco – che equivaleva a 1 bue – all’as romano – che equivaleva a quattro scrupoli :-), ma che la riforma monetaria di Nerone ridusse a tre (chissà perché i tiranni hanno la mania di ridurre l’ethos) -, la moneta (una dea, a Roma) è sempre stato il simbolo dell’autonomia;
l'(auto)determinazione del valore. Carlo Magno e la monometallica (argentea) riforma monetaria, partita intorno al 770, vale fino a tutto il XIV secolo. In questo contesto, avere la potestà di moneta era sicuro indice di forza politica ed economica (ad es. Firenze, cominciò a coniare il suo fiorino solo a partire dal 1252, Venezia, il suo ducato, dal 1290, più o meno).
Quindi, Chiusi che conia nel 1337 ha una forza simile a Venezia? Sarebbe interessante approfondire questo aspetto di storia locale: se si pensa che gli Statuti di Chianciano risalgono al 1200 circa, abbiamo un quadro di riferimento ricco di possibili sorprese.
Molto interessante.
Ad incrementazione del commento di Stefano (Bistarini) aggiungo che, se non ricordo male l’anno, il furto avvenne nel 1972, insieme ad altri oggetti tra i quali le uniche due maschere funebri etrusche in bronzo conservate nel nostro museo. Per fortuna che la collezione numismatica dello stato presso la zecca, anni prima, ne pretese un esemplare dei due presenti a Chiusi.
Purtroppo esisteva un esemplare a Chiusi nel nostro museo, ma quando fu fatto il furto se la portarono via. Credo esista solo un esemplare presso il museo della zecca.
C’è qualcuno che ne sa un po’ di più su questa moneta?
Esistono esemplari a Chiusi?
Grazie per l’articolo. Molto interessante.