di Paolo Scattoni
L’invito era arrivato domenica notte: ci comunicava che qualche ora dopo, lunedi dalle 12 alle 14, l’architetto urbanista brasiliano Jaime Lerner si sarebbe incontrato con docenti e studenti del mio dipartimento interessati alla sua opera. le modalità inusuali di convocazione e il preavviso di poche ore ha fatto sì che la ventina di persone abbiano avuto l’opportunità di discutere con un personaggio davvero originale.
Di Lerner si conosce soprattutto la sua realizzazione di un sistema rapido di bus urbani che ha messo in atto quando era sindaco della città di Curitiba, capitale della regione del Paranà. Si tratta semplicemente di dare percorsi riservati (veramente inaccessibili ad altri mezzi) agli autobus ai quali si accede da stazioni di accesso riservate, a caratteristica forma di “tubo”. Una frequenza di bus ogni minuto che serve, caso unico al mondo, l’85% del trasporto urbano complessivo. Il sistema è totalmente autofinanziato. Per dare un’idea: il sistema di bus di Curitiba può vantare tre milioni e mezzo di viaggiatori al giorno contro i quattro della metropolitana di Londra, forse la più estesa del mondo.
L’incontro con Lerner ci ha permesso di conoscere la sua filosofia di “governo” che ha dato luogo a numerose innovazioni. Ci ha infatti parlato del suo approccio di “agopuntura urbana”. Piccoli interventi veloci e tempestivi in punti strategici che possano riequilibrare la “energia” dell’organismo urbano.
Piccoli interventi, veloci, tempestivi e condivisi. Mi ha fatto pensare al Piano strutturale di Chiusi. Il nostro comune doveva dotarsi per legge di tale piano dal 1995. Nel 1998 ha cominciato e nel 2011 è ancora lì a covare una bozza che forse un giorno ci verrà graziosamente fatta conoscere nei suoi dettagli e non solo nella versione predigerita del sindaco.
Se invece pensassimo in termini di “agopuntura urbana” la musica sarebbe davvero diversa.
Intanto godiamoci i parcheggi riservati alle partorienti ed altre amenità che la mente fervida del nostro sindaco riesce a concepire a beneficio della propaganda. Facciamo una colletta e paghiamogli un viaggio per visitare il dipartimento urbanistica del comune di Curitiba, magari riesce a pensare qualche idea decente.
No Luciano, hai ragione ma l’ironia scatta perché siamo obbligati a parlare di “piccole cose”, come quei telegiornali in cui si narrano le gesta del fido Fido che lecca il padrone ferito a beneficio della facile commozione nazional-popolare ed evitando ovviamente di trattare i problemi veri e soprattutto in modo critico.
In campagna elettorale nessuno ha parlato di Bioecologia che invece è stato messo all’ordine del giorno del primo Consiglio comunale. Saranno più importanti i parcheggi rosa oppure il rischio di inquinare per decenni il nostro territorio? Dopo aver discusso di questo e altri problemi, ben vengano anche i parcheggi rosa nella zona della Fornace…a proposito della Fornace…
Quando ho visto gli spazi rosa in una COOP di Piombino, con mia moglie ho pensato che si trattasse di un semplice atto di cortesia. Tutto qui. Cosa c’entra la politioca demografica? E che c’entrano le sanzioni? Per i posti per i disabili le sanzioni ci sono (addirittura cinque punti sulla patente, la rimozione ed una multa non indifferente), ma la cosa non interessa a quasi nessuno. Immagino che tanto meno saranno rispettati gli spazi rosa con la cicogna, ma è una buona ragione per filosofeggiarci tanto sopra?
Non sono d’accordo con Francesco (Storelli) ogni città ha una sua conformazione e organizzazione che deve essere affrontata. Per affrontarla occorre mettere in atto azioni condivise ed efficaci. Questo è il messaggiuo che ci ha dato Jaime Lerner di cui ho parlato nell’articolo.
secondo me per Chiusi l’agopuntura non è sufficiente. Credo ci sia rimasta solo l’estrema unzione! Chi può fugga da questo postoooo!!!!! 🙂
No, era una battuta su un possibile tentativo di incremento della natalità. Una politica demografica, in Italia, non è più possibile: siamo il Paese del BungaBunga e delle Trote: c’è di che scoraggiarsi, a fare figli 🙂
Bravo Miccichè! Questo si chiama collaborare fattivamente al bene del nostro paese.
Avanti con le proposte.
Poi però ci vorrebbe una Commissione che stabilisca il colore degli spazi.
Con un po’ di fantasia, dopo quelli blu, bianchi, gialli e rosa ci si avvierebbe velocemente verso una policromia stradale destinata a diventare sicuro motivo di richiamo per gli abitanti dei comuni viciniori.
Vedi che basta poco se si usa la testa?
Allora propongo anche i parcheggi per “le donne (quasi) in cinta”… potrebbe essere un incentivo interessante….
Caro Enzo (Sorbera) se la battuta era per significare che non c’è bisogno di una politica demografica sono in totale e assoluto disaccordo. Il nostro è ormai il Paese europeo più in crisi da questo punto di vista proprio per politiche di welfare che definire inadeguate è un complimento.
La “tassa sul celibato”? 🙂
mi rifaccio al commento del Sig. Miccichè……magari fosse la “peggiore delle ipotesi”, è già una realtà che va sempre più consolidandosi, basta guardarsi intorno ed osservare il comportamento di tutti noi……si cammina per la stada…..si sente una macchina che arriva…..si continua a camminare pacatamente, non è che ci si sposta verso il bordo della strada. Ciclisti che vanno beatamente in coppia anche quando sopraggiuge una macchina. Automobilisti che ignorano completamente i passaggi pedonali e quasi tutte le regole che dovrebbero governare, automaticamente, il vivere in una società, e via dicendo.
Ho conosciuto il sindaco di Barletta che per primo ha pensato e realizzato questa misura. Si chiamava Francesco Salerno, era un medico, è scomparso da poco. Aveva avuto molte idee per la sua città. Non so se questa sia stata la sua pensata più efficace. Che significa invitare gli automobilisti a non parcheggiare su certi spazi perché potrebbe servire a una donna in gravidanza? Non ci può essere sanzione e allora? Via pensiamo a cose un po’ più serie per favorire la natalità.
A Chiusi c’è l’abitudine di spacciare per novità quello che altrove esiste già. Vale per lo “sbottegando”, che è una buona iniziativa, e vale anche per gli spazi rosa, che in altre parti della Toscana (non so altrove) ci sono già e che non collidono con il codice della strada (che non li contempla), ma non sono altro che un atto di cortesia nei confronti di una persona che si immagina in difficoltà. Luciano (Fiorani) non si spaventi: non essendo nel codice della strada, saranno solo stalli di colore diverso e non ci sarà alcun cartello.
Segnalerei una “terza via” che a Chiusi è ampiamente collaudata.
Chi può fa i c…. suoi e gli altri siarrangino.
Quanto all’esperienza di Cuturiba non ne avevo mai sentito parlare ma la nostra prosopopea ci fa credere un mondo immobile che ammira quanto siamo belli e quanto siamo bravi.
Invece tutto ci indica che siamo rimasti più indietro della martinicca.
Dei parcheggi per le donne in dolce attesa che dire?
La corsa con la lepre è persa in partenza, o che la fantasia è finalmente arrivata al potere.
Voglio proprio vedere come concilieranno questa cazzata con il codice della strada.
Ma sarà probabilmente l’occasione per disseminare altri nuovi e originali cartelli, così il primato non ce lo toglie nessuno!
Ci sono approcci diversi. Quello di tipo incrementale seguito a Curitiba come in altri contesti è per me quello che funziona meglio. Poi ci sono i vinvoli di legge che ti obbligano alla formulazione di piani di “lunga durata”. Si tratta allora di capire come introdurre l’approccio incrmentale in questi contesti. La percezione della visione non è esclusa, ma è costruita in maniera diversa e sopratttutto ci deve essere la consapevolezza che è soggetta all’incertezza.
Il motivo del ritardo del Piano Strutturale non credo sia stato per la difficoltà di definire ogni dettaglio rispetto ad una idea complessiva e precisa sul futuro di Chiusi. Le ragioni sono evidentemente altre.
C’è comunque una via di mezzo tra un piano quinquennale sovietico e interventi singoli mirati a risolvere un problema alla volta.
Quest’ultimo metodo è pericoloso perché soggetto ad arbitrio e a spinte di fazioni “tribali” che mirano al benessere del proprio enclave oppure, peggio ancora, motivato da ancor meno nobili intenti.
Avere invece un’idea, anche di massima, su quale sia la vocazione da proiettare in un prossimo futuro, significa larga partecipazione “potenziale” dei cittadini alla elaborazione di questa strategia e interventi che vengono di fatto inseriti automaticamente in una scala di priorità sequenziale. Altrimenti si rischia il “chissenefrega io faccio il mio e gli altri si arrangino”, che è la peggiore delle ipotesi.