Il tunnel e la “cadrega”

di Enzo Sorbera

Che la Gelmini non fosse proprio adatta per la “cadrega” che le hanno dato è sospetto che aleggia da tempo nella testa di parecchie persone.

Complici i suoi interventi su “La Padania”, abbiamo avuto modo di arguire come le “licenze poetiche” che sfoggia siano in realtà infortuni sintattici e ortografici di un italiano mal appreso e poco praticato.

L’italiano, si sa, è lingua di paratassi e mal si presta a traduzioni da altre lingue, come ad es., il lombardoceltico. Nel caso della nostra signora, le difficoltà che incontra son dovute senza dubbio al fatto che l’italiano è la sua seconda o terza lingua e vorrei veder voi a scrivere in un corrente e corretto bergamasco se non vi chiamate Salvini, Bossi o Colantuono (dal nome non sembra, ma è l’allenatore dell’Atalanta: pare sia stato selezionato con apposite griglie invalsi regionali): l’errore maligno salterà certo fuori. Di qui, la benevolenza di cui gode la Nostra a dispetto dell’acribia grammaticale di tanti critici.

Purtroppo (per noi), non contenta di aver scampato la critica grammaticale, la Nostra si avventura a commentare le magnifiche e progressive gesta della fisica contemporanea, sfoggiando una sicurezza invidiabile nei campi della geografia, della fisica e della finanza. Con locuzioni un po’ contorte, si complimenta con il gruppo di fisici che, attraverso IL tunnel, hanno spedito a velocità sorprendenti  un neutrino da Ginevra al Gran Sasso.

Orgogliosamente, la Signora rammenta che il nostro governo ha partecipato con ben 45 milioni di euro all’impresa rendendo possibile il tunnel (ma degli allenamenti necessari per riuscire nell’impresa non ha parlato. Anzi, ha ridotto gli stanziamenti: l’allenamento deve essere a spese del team e degli atleti. Ecchecczz, siamo il governo del fare, mica dello sport! ).

Come italiani, siamo tutti orgogliosi di questa impresa, pagata con soldi altrui,  della nostra (sportiva) fisica: abbiamo battuto il record sui 700 km (quasi) piani. Far raggiungere quelle velocità al neutrino – noto pigrone, famoso per non “fare massa” -,  in un tunnel – notoriamente, oggetto poco illuminato e pieno di umidità e di traffico – non è roba da poco (a quando la staffetta? Dobbiamo stravincere sui negri! – pardon, non esiste un termine corrispondente in italiano e si è mantenuta la parola originale berghem  -).

Devo ricordarmi di avvisare la mia amica di Teramo: sti ospiti svizzeri vanno di fretta, non parlano italiano e averli intorno, accaldati, può essere imbarazzante. Certo, un tunnel che da Ginevra, passando sotto il Trasimeno, porta in un punto imprecisato del Gran Sasso è degno della migliore tradizione governativa italiana (quella, per intenderci, del vecchio Gaspari, abruzzese ministro democristiano: a suo tempo, riuscì a inventarsi due autostrade che, attraverso l’Abruzzo, e passando una accanto all’altra, portano nello stesso posto – controllare per credere). La variante di valico, al cospetto, è una barzelletta.

La mia nervosa reazione è dovuta al fatto che di questo tunnel, per poter tornare velocemente a casa durante i miei viaggi, non sono mai riuscito ad approfittare (anche se dover prestare attenzione a roba che passa ben oltre 300.000 km al secondo è una vera impresa): ci son sempre i soliti favoriti, neutrini o neutroni che siano, alla faccia dei poveri cristi. Ci sarà un’uscita Chianacce-Maestà del Ponte? Ma il pedaggio, quanto costerà?

Se però, come risulta ai più, il tunnel non c’è, l’impresa è ancora più importante: si sono spesi  45 milioni di euro pubblici VERI per un’isola che non c’è. Sicuramente, si tratta di un cattivo pensiero non giustificato: nel prossimo intervento, che avrà come tema le infrastrutture, la signora saprà spiegare come, dove, quando e perché si sono spesi quei soldi. Per intanto, si sono avviati i lavori di spandimento di asfalto drenante nel tunnel. Eh si, se anche non vogliamo, stanno lavorando per noi!

 

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4 risposte a Il tunnel e la “cadrega”

  1. enzo sorbera scrive:


    Giampaolo Tomassoni:

    …..appunto quello di verificare l’ipotesi di Pontecorvo alla quale fai riferimento. La possibile scoperta di una velocità apparente dei neutrini superiore a quella della luce è un effetto collaterale di quella ricerca…

    Diavolo, e io che pensavo che il progetto Pontecorvo fosse un “paravento” per nascondere agli americani quanto stavano a fa’ ‘sti furboni d’italiani! 🙂

  2. Enzo, così però mi costringi a ripuntualizzare… 😉

    L’enfasi data alla cosa ha messo da parte l’obiettivo principale del “tunnel” (virtuale) tra Svizzera e Gran Sasso, che è appunto quello di verificare l’ipotesi di Pontecorvo alla quale fai riferimento. La possibile scoperta di una velocità apparente dei neutrini superiore a quella della luce è un effetto collaterale di quella ricerca…

  3. enzo sorbera scrive:

    Caro Tomassoni, hai ragione da vendere. Il fastidio che ha generato l’articolo di amara ironia è questo atteggiamento generale di appropriarsi di meriti per i quali non si è mosso un dito. La Gelmini si è solo adeguata all’andazzo generale. Forse, se si fosse trattato di esperimenti per il ritardo del decadimento di mesoni mu, o sulla verifica formale delle trasformazioni ipotizzate da Pontecorvo nel campo dei neutrini, probabilmente non avremmo visto questo cartone animato. Trattandosi di un esperimento con implicazioni gigantesche, anche chi ha distrutto la possibilità della ricerca italiana cerca di ritagliarsi la fettina di merito ed onori: ma gli oneri, chi li paga? La mia preoccupazione è (quasi) tutta qui.

  4. Non posso non commentare l’ultimo paragrafo di questo articolo.

    I 45 milioni sono veri, ma sono relativi alla partecipazione dell’Italia alla costruzione degli anelli di accelerazione del CERN e della maggior parte dell’importo ne hanno beneficiato le aziende italiane impegnate nella costruzione dello stesso. Sono soldi che sono stati spesi in un decennio (mi pare) molti anni fa (Rubbia ottenne il nobel grazie ad una ricerca resa attuabile dagli anelli del CERN).

    L’esperimento sui neutrini è quindi solo uno di quelli che vedono coinvolto il CERN.

    Ci lamentiamo spesso delle condizioni pietose nelle quali versa la ricerca in Italia. É così, ma proprio grazie agli investimenti a suo tempo fatti, nel settore della fisica delle alte energia la ricerca italiana è (ancora) ai vertici mondiali in fatto di competenza.

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