Uno sviluppo basato sull’economia della conoscenza… anche per Chiusi

di Paolo Scattoni

Per chi oggi lavora nella scuola e nell’università non sono certamente bei momenti. L’ultima uscita della Gelmini che con grande disinvoltura dice che probabilmente ha sbagliato a raccogliere l’invito di Tremonti a tagliare le risorse suona come la classica beffa dopo il danno.

Qualche giorno fa, poi, il governatore della banca d’Italia Draghi ha messo emesso una pesante “sentenza” su un fenomeno che danneggia l’economia: in Italia: emergono solo i figli di papà. Si tratta, a mio avviso, della peggiore condanna della società italiana. Il governatore denuncia un sistema che non solo è ripugnante da un punto di vista etico, ma pesantemente dannoso per il progresso economico e sociale del nostro Paese.

C’è però anche una buona notizia. Un articolo sul sito della Repubblica così recita: “Dite addio a cattedra e aule” così l’istruzione viaggia sul web. Narra di un’avventura nata nel 2004 con ripetizioni online di un bravo ricercatore alla propria nipotina che hanno dato luogo ad una iniziativa alla grande scala, sostenuta sia da Bill Gates che da Google, che permetterà di accedere ai livelli più alti della formazione attraverso internet. L’iniziativa è dell’università americana di Harvard che i principali sistemi di valutazione mettono al primo posto nel mondo. Da oggi la prima lezione di un corso gratuito e aperto a tutti sull’intelligenza artificiale tenuto dal professor Sebastian Thrun.

Mi è venuto allora in mente un dibattito in sede politica dove alla domanda “ma tu come vedi il futuro di Chiusi?” ho risposto “basato sulla conoscenza e l’innovazione”. Ho avuto la sensazione di non aver convinto nessuno.

Ma non sarà il caso invece di considerare il nostro “patrimonio di strutture educative” integrato con quanto oggi si sta muovendo nella rete una possibile chiave di volta del nostro sviluppo?

Questa voce è stata pubblicata in ECONOMIA, SCUOLA, SOCIALE. Contrassegna il permalink.

2 risposte a Uno sviluppo basato sull’economia della conoscenza… anche per Chiusi

  1. pscattoni scrive:

    Nicola (Nenci). Conosco Uninettuno così come conosco la Open University britannica. Ricordo quando alla fine degli anni 70 ero in Gran Bretagna mi guardavo le trasmissioni dedicate a quella università. Ero affascinato come riuscivano a insegnare il cosiddetto “Calculus” che da noi corrispondeva ad Analisi Matematica I e II. Ora la Open University non utilizza neppure la televisione, ma soltanto il web riservato ai propri studenti. Quello che emerge dall’esperimento di Harvard è qualche cosa di diverso. Si configura un superamento dell’Università come istituzione (ovviamente nel lungo termine).
    A Chiusi i cervelli ci sono. In passato persone uscite dall’istituto professionale (molto merno di Harvard dunque) sono riusciti a brevettare e costruire imporese intorno a questi brevetti. Si tratta dunque di creare un ambiente favorevole partendo da quello che abbiamo.
    In questo disegno ci deve essere uan stretta integrazione di tante iniziative, che magari ora in parte ci sono ,ma viaggiano separatamente.

  2. Nicola Nenci scrive:

    In Italia esiste UniNettuno dal 2005. Ovviamente un sistema del genere non è la panacea di tutti i mali, se non integrato da altri apparati: l’educazione è cosa altra rispetto alla trasmissione di cultura.

    A Chiusi non ci sono cervelli, e i pochi che potrebbero essere usati vengono tenuti sapientemente a bada, quando non fatti allontanare malamente (accenno di nuovo a ciò che successe all’ex direttore del Museo Archeologico Nazionale, solo per fare un esempio).

    Per fortuna che, pregando il Signore, almeno un buon posto in banca ancora si trova.

    A proposito di cervelli e del Museo Nazionale: avete visto il catalogo della nuova mostra sulla museologia e museografia? nella sola prima mezza pagina dell’introduzione ci sono talmente tanti errori di forma italiana, che se li avessi fatti io di certo non avrei finito il Liceo. I miei genitori, forse, non avrebbero superato la V Elementare.

    Forse è anche per questo che l’idea di un futuro basato sulla conoscenza e sull’innovazione non convince nessuno?

I commenti sono chiusi.