Gli unici statuti(1) del comune di Chiusi pervenuti fino a noi e dei quali si conoscono i contenuti sono quelli redatti nel 1538. E’ lecito pensare che in precedenza ne siano esistiti altri, purtroppo, le devastazioni degli archivi chiusini, sia comunale, sia della curia vescovile, da parte delle truppe fiorentine di Cosimo I dei Medici, avvenute nel 1553, ci hanno lasciato all’oscuro di tutti gli accadimenti avvenuti nel periodo medievale.
Le uniche testimonianze di precedenti stesure statutarie si trovano in alcuni documenti del 1327, quando la città di Chiusi, benché sottomessa a Perugia, poté continuare ad amministrarsi secondo i propri ordinamenti. Le varie capitolazioni(2) succedutesi negli anni tra Siena e Chiusi, controfirmate per la prima volta nel 1415, con validità di 25 anni, permisero sempre alla nostra comunità un’ampia autonomia. Sebbene questo potere legislativo riconosciutogli fosse in ogni caso limitato dall’assoluta proibizione di emanare norme che andassero contro quanto previsto dalla stesura dei capitoli.
I paragrafi relativi all’organizzazione comunale, descritti in tali capitoli, benché siano stati più volte aggiornati o modificati, rimasero in efficienza fino al 1777. Anno in cui il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo I promulgò le nuove regole per le comunità assoggettate allo stato di Siena.
L’ordinamento chiusino del 1538 stabiliva quali figure ed uffici dovessero governare l’apparato politico, amministrativo e giudiziario della comunità. Regolando, naturalmente, anche le pene da infliggere agli eventuali trasgressori delle norme da esso previste.
La figura rappresentativa di tutto l’apparato comunale era il Podestà. Egli doveva essere eletto tassativamente tra i nobili senesi e restava in carica sei mesi. Dopo aver giurato di difendere la città e di rispettare gli statuti davanti ai quattro Priori, detti anche Signori di Chiusi, prendeva possesso delle sue funzioni. Amministrava la giustizia civile e penale di primo grado affiancato dai suoi collaboratori: il Giudice e il Notaio dei Malefici. Rappresentava il governo centrale di Siena. Verificava che le proposte di legge rispettassero gli statuti prima di essere sottoposte all’approvazione del Consiglio Generale. A fine mandato il suo operato era sottoposto al controllo dei Sindacatori.
Il rappresentante convenzionale del comune era invece il Sindico Generale. Tutelava gli ordinamenti e gli interessi della comunità. Partecipava a tutte le riunioni del Consiglio Generale verificando, soprattutto, che le normative da esso deliberate non fossero andate a svantaggio dei cittadini. Era l’unica figura che godeva di ampia autorità. Aveva addirittura la facoltà di opporsi al Podestà qualora, esso o i suoi ufficiali, avessero esercitato il potere in contrasto con il bene comune.
Vi era poi il Priorato, composto di quattro Priori, che aveva funzioni sostanzialmente amministrative. Il loro mandato durava due mesi.
La massima espressione legislativa era data dal Consiglio del Comune di Chiusi, costituito dall’unione di due assemblee ben distinte: il Consiglio Generale ed il Consiglio di Credenza.
Il Consiglio Generale era composto di un minimo di trenta membri. Tale numero di elementi era fissato dagli statuti. Ne facevano parte i capifamiglia della nobiltà di Chiusi. Il Consiglio di Credenza, invece, riuniva i quattro Priori ed i sei Camerlenghi di Credenza. Tutte le deliberazioni di quest’organo collegiale erano autenticate e trascritte nel Libro delle Riformagioni dal Cancelliere del Comune. Ciascun consigliere esprimeva il proprio voto inserendo all’interno di un’urna una fava rossa per il si, e bianca per il no. A volte, invece, erano usati dei lupini: bianco per il si, e nero per il no. Spettava al consiglio generale la nomina del Nunzio del Comune, del Notaio delle cause civili e del Notaio del danno dato.
Altre cariche, non meno importanti, erano quelle dei Camerlenghi: di Credenza, di Pecunia e dei Malefici.
L’ufficio del Camerlengo di Credenza aveva l’incarico di proporre leggi per la buona conservazione della città, inoltrare al Podestà le richieste fatte dai cittadini ed opporsi a qualsiasi progetto di legge, ogni qualvolta avesse ritenuto che la stessa fosse andata a discapito della comunità. La sua carica durava sei mesi.
Il Camerlengo di Pecunia era la copia esatta dell’odierno responsabile dell’Ufficio affari finanziari del comune. Aveva il compito di annotare nel Libro Mastro tutte le entrate ed uscite in denaro. Registrava, infatti, tutti gli introiti ricevuti dai versamenti delle tasse, come pure l’erogazione di pagamenti per lavori effettuati da terzi, per conto dell’amministrazione, dopo l’avvenuta autorizzazione da parte dei Priori. Aveva l’obbligo di tenere aggiornato l’inventario dei beni mobili del comune. Restava in carica sei mesi partendo da luglio.
Il Camerlengo dei Malefici era incaricato di riscuotere tutti i pagamenti delle ammende e contravvenzioni. Sovrintendeva e provvedeva al pagamento dei lavori eseguiti per il mantenimento e restauro delle mura difensive della città. Il suo mandato durava un anno, sempre partendo dal mese di luglio.
Vi erano poi una serie di cariche minori: tre Sindaci degli Appelli, tre Extimatori, due Ragionieri, tre Sopratutori, due Paciari e undici Santesi del Comune.
I Sindaci degli Appelli erano preposti ad accogliere i ricorsi dei cittadini gravati da condanne. Svolgevano le funzioni dell’odierno tribunale di secondo grado: la Corte d’Appello.
Gli Extimatori formavano, in sostanza, l’ufficio tecnico comunale. Controllavano periodicamente lo stato delle mura della città e suggerivano i lavori da effettuarsi. Si pronunciavano irrevocabilmente su controversie nate tra cittadini per linee di confine su proprietà di terreni. Si occupavano delle strade interne alla città, come pure della viabilità comunale. Due volte l’anno, a maggio e a settembre, percorrevano le strade di campagna e ordinavano ai proprietari confinanti, qualora ve ne fosse stato bisogno, di pulire dalle sterpaglie le scarpate adiacenti. Stimavano beni immobili e terreni per conto di terzi avuti in eredità o per dote.
I Ragionieri controllavano la regolarità dei conteggi eseguiti sui libri Mastri delle varie amministrazioni locali: degli uffici comunali, delle chiese, oppure basiliche, che avessero rendite in denari.
I Sopratutori vigilavano sull’operato dei tutori cui erano affidate le sostanze di minori orfani e adulti incapaci di intendere e di volere. Il riscontro d’irregolarità nella gestione delle stesse, dava loro facoltà di togliere la tutela affidata e destinarla ad altri di loro fiducia.
I Paciari erano gli attuali Giudici di Pace. Il loro compito era di cercare di ricomporre le liti, per qualsiasi ragione esse fossero avvenute, ed in caso di recidività, sia da una o dall’altra parte avevano facoltà di infliggere pene.
I Santesi, nominati dal Comune, erano gli amministratori dei possedimenti e delle rendite delle Chiese. Si occupavano delle entrate e delle uscite tenendo aggiornato durante il loro esercizio, l’inventario dei beni affidatigli.
Tutti i mandati delle cariche sopra descritte, dopo che erano stati estratti a sorte dall’interno del bossolo(3), avevano la durata di un anno iniziando dal mese di giugno.
(1) Raccolta dell’ordinamento giuridico del Comune.
(2) Nelle Capitolazioni erano indicati tutti gli obblighi imposti alle parti contraenti.
(3) Urna dove venivano introdotti i nomi da sorteggiare. Era usata anche per le votazioni.
La distruzione dei nostri archivi del periodo medievale ha rappresentato la perdita della memoria di un periodo fondamentale. Tutti i liberi comuni dalla fine del XII secolo per tutto il periodo medievale attraverso gli statuti non solo si sono dati istutuzioni diverse nel tempo, ma hanno anche accumulato regole per l’organizzazione della città incluso quelle relative all’edificato. Inizialmente per motivi di igiene pubblica, ma in seguito anche per definire le regole “estetiche” per l’edificato.Magari nella notte dell’urbanistica che stiamo vivendo a Chiusi ci potevano fare comodo 😉