Retorica e applausi al treno del milite ignoto

di Carlo Sacco

Alla manifestazione per il passaggio del treno che trasportava simbolicamente, come nel 1921, il feretro del milite ignoto ho fatto una riflessione, sentendo la gente che batteva le mani.

Ho sentito una diversità in quella gente rispetto a 30 anni fa. Il mondo è cambiato ed è cosa normale che lo sia, ed è anche normale che in questi 30 anni sia cresciuta la consapevolezza di ciò che può significae l’unità nazionale e di quanta possa essere la fatica per tenere incollate Italie oggi diverse e forse in un certo qual modo anche pezzi d’Italia più distanti di allora.

Le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia (che sia chiaro, le ritengo doverose e utili socialmente e politicamente) hanno segnato un gradimento vasto da parte dell’opinione pubblica. Per la prima volta è un segno tangibile, dal dopo guerra ad oggi, di una spinta spontanea a riconoscersi in comuni intenti, forse però in quelle manifestazioni è mancata una considerazione che nella testa della gente non è stata volutamente fatta passare poichè completamente coperta dalle pompose celebrazioni di rito sino al punto di essere tralasciata e trascurata sino a farla scadere nell’ombra. Scontata, non ravvisata per nulla dai nostri rappresentanti politici, anche e soprattutto locali ,dai quali mi sarei aspettato una dose di rispetto e considerazione di primaria importanza in raffronto a ciò che è stato messo in evidenza dalla pompa celebrativa: bande, autorità militari presenti, discorsi vuoti che spesso sono stati fatti.

Quello che è mancato -non solo a Chiusi, ma in tutto il paese- è la considerazione del sacrificio della vita, di più di 600 mila vite umane, sacrificate sull’altare di un’idea di Patria che non era dei poveri che andavano a morire ma del re e della sua casta di regnanti e governanti.

Occorrerebbe far sapere a coloro che possono storcere la bocca leggendo ciò che dico che del concetto di Patria creato dal Romanticismo prima e dalle guerre di Indipendenza poi, si sono appropriati una casta di intellettuali, ricchi, proprietari terrieri e ”borghesia compradora” stratificata attorno ai regnanti di Casa Savoia, che hanno usato la spinta forte dell’amor patrio insita nel popolo che aveva conosciuto il divenire dell’indipendenza dai frazionamenti stessi di come era formata l’Italia.

Dopo decenni tale tipo di cultura usata sapientemente per far fare la carne da cannone in modo indisturbato a milioni di persone contro i propri interessi ma a favore di quelli dei vertici politici e sociali che dominavano l’Italia, per distrarre centinaia di migliaia di persone da quella che poteva prender piega in una estesa rivolta sociale (che poi ci fu inevitabilmente dopo la fine della guerra sfociando nel  fascismo), si arrivò a mandare al macello i figli di una Italia povera, contadina, analfabeta ed ignorante, che con l’ebrezza dei proclami e con le promesse fatte si sarebbe immolata nelle trincee, nei campi minati,credendo fermamente a quella Patria che invece non gli apparteneva.

Quella Patria era costituita in modo che li rendeva schiavi, poveri, che li obbligava a prostrarsi nei confronti dei padroni agrari subendo i loro ricatti. Il milite ignoto deve essere ricordato soprattutto per questo motivo, per un figlio di quell’Italia povera che come sempre pagava un prezzo spropositato per salvare i profitti di una classe di potenti, arroganti e spesso anche di ladri di stato(c’erano anche a quei tempi, anzi abbondavano).

Quando il nostro Ministro della Difesa parla di Patria e dell’amor patrio gli andrebbe ricordato che quella non era la Patria del volgo e dei peones, loro nulla ci guadagnavano facendosi fare a pezzi; quella Patria per la quale morivano era la Patria di quel Re che l’avrebbe poi venduta a Mussolini e che avrebbe instillato nella testa dei poveri quel concetto per il quale erano disposti a morire.

Non per il progresso sociale, ma per salvare il Re e la piramide sociale che ne stava sotto. Ed allora alla gente che oggi  batte le mani e che non pare considerare tutto questo, andrebbe ricordato che quasi tutte le famiglie hanno avuto il loro defunto in quella guerra e che non dovrebbero batterle per quel ”falso amor patrio estorto e derubato per ignoranza delle vittime” che è servito solo a far galleggiare pochi. Battano invece le mani ai figli del popolo che sono morti e che si sono sacrificati -quello sì- per l’Italia che avrebbe dovuto essere un modello di giustizia e che quel perverso sistema economico ha travolto invece con un’altra guerra, facendo sopportare all’Italia altri lutti e sofferenze.

Questo i governanti italiani ed anche coloro che governano la politica locale non lo dicono.  Questi ultimi neanche non vedono questo problema nè, evidentemente, lo considerano tale. E’ passata nella gente una ondata inibitoria di etere a senso unico di cui spesso ci si vergogna anche a riconoscerlo poichè non lo si ravvisa più. E si battono le mani.  

Questa voce è stata pubblicata in CRONACA, POLITICA. Contrassegna il permalink.

6 risposte a Retorica e applausi al treno del milite ignoto

  1. carlo sacco scrive:

    Vede Donatelli, siamo persone, siamo uomini, quindi possiamo sbagliare. Quello che non possiamo ammettere,concepire e giustificare è invece l’uso gratuito dell’ipocrisia, soprattutto di fronte a fatti di immani tragedie come ciò che è stata quella guerra mondiale, il cui uso della tragedia si presta per cercare di ribadire e rinforzare i concetti di appartenenza,di onnicomprensione sotto una unica bandiera,(cercando di creare la cosmesi per il popolo bue) e soprattutto di fare questo in maniera gratuita,scavallando chi si è sacrificato in quel tempo e chi ha dovuto pagare il prezzo più alto.Il vero senso di una comunità si suggella e si identifica negli sforzi e nell’azione comune,ma in quel caso, come in tanti altri dove e quando domina una società divisa in classi, vi sono classi e categorie che nulla fanno per raggiungere uno scopo,classi che sono parassitarie, classi che amministrano ed incrementano ricchezze proprio ed anche per la guerra, classi che sulla economia e sul terrore di guerra ci vivono, e classi che la subiscono.Come è successo prima, dopo e durante quella guerra ed ancora nell’ultima. l’Europa che è stata scevra da guerre negli ultimi 66 anni,ancora ha partecipato a guerre, dando il suo contributo per scardinare regimi, per bombardare civili ed innocenti lontani migliaia di chilometri dai suoi confini, chiamando queste missioni umanitarie(anche i governi della sedicente sinistra hanno fatto questo).L’ipocrisia è anche questa.E per molti,trasversalmente nella società, è una politica da condividere,o da ritenere normale e naturale.Quello è il popolo bue.

  2. Tempo fa andai a visitare il Sacrario di Redipuglia.
    Cominciai la visita dall’alto verso il basso. Il senso di angoscia mi prese subito quando vidi le due “tombe” che racchiudevano circa 60Mila militi ignoti. Il senso aumentava mano a mano che scendevo i gradoni con tutti quei nomi e, sopra, una linea continua di “PRESENTEPRESENTE….”.
    Arrivato in fondo vidi due lastre di marmo con su scritte dell’epoca. Non ricordo precisamente le parole, ma il senso era questo: – se tu, visitatore, andrai via con un senso di angoscia, noi non avremo fatto il nostro dovere .
    Mi si è ribollito il sangue!
    Forse le scritte dovrebbero essere levate, cosi’ i poveri ragazzi mandati al macello per nulla potranno riposare in pace, invece di continuare ad essere presi in giro.

  3. carlo sacco scrive:

    Le mie considerazioni cara Sig.ra Cardaioli non sono rivolte a coloro che hanno nella testa i loro familiari come è lecito che sia e che riconoscono il loro sacrificio durante la guerra durata 4 anni, semplicemente perchè sarebbe un po’ difficile essere nella testa degli altri e giudicare ,se non altro per semplici motivi personali ed affettivi che riguardano direttamente le persone.Mi sembrava che questa fosse una cosa scontata da non mettere in discussione sul sentimento di chi ha avuto morti oppure partecipi decorati, quindi non vedo il motivo del Suo risentimento.Li sai lei i motivi per i quali ha applaudito,se lo ha fatto.Le mie considerazioni anche se molto concise sulle ragioni della tragedia della guerra-vedo che devo ripetermi- sono quelle oggettive storiche e sociali che ha sentito leggendo il Post e che oggi in gran parte l’opinione pubblica ha totalmente posto nel dimenticatoio, imbevuta dalla retorica dei media e dalla compartecipe inettitudine politica di chi ci rappresenta (perchè è anche e soprattutto politica ,instillata dai media a considerare certe cose,e non altre ben più importanti su quell’argomento.) Invece che rispondere su cose che riguardano il personale suo e le affettività dei congiunti ed in questo caso combattenti a cui nessuno si è sognato di negare mai il rispetto, risponda sul MERITO dell’articolo che può condividere come no,ma per favore non dica cose che non mi immagino nemmeno come quella che mi ”credo di avere sempre la verità nella penna.”

  4. marco lorenzoni scrive:

    Se non ricordo male il suffragio universale maschile fu introdotto solo nel 1912, ma valeva solo per i maschi che avevano più di 30 anni. Quelli di età compersa tra i 21 e i 30 anni potevano votare solo se pagavano un certo censo e avevano un certo titolo di studio. Alcuni dei soldati buoni per andare a morire in Libia, per esempio, non potevano votare quindi non erano considerati cittadini… Nel 1915 allo scoppio della Grande Guerra il diritto di voto fu esteso ai maschi maggiorenni, 21 anni, ma rimase la clausola del “censo”. Molti dei militi morti sul Carso probabilmente non potevano votare. Non erano ancora cittadini ma solo carne da macello…
    Giusto il tributo alla loro memoria. Non certo a chi li mandò al macello nè alla cultura militarista che quei poveri cristi subirono e pagarono a carissimo prezzo.

  5. personalmente ho battuto le mani al passaggio del treno e l’ho fatto perchè ho pensato al simbolo del “milite ignoto” e di tutti quelli che sono morti negli scontri dei Risorgimento e della Grande Guerra e perchè il pensiero è andato al mio nonno (Giovanni Micheletti) che è stato anche insignito dell’onoreficenza di Cavaliere di Vittorio Veneto, perchè ha partecipato x più di un anno alla prima guerra mondiale. Quindi la preghereri, quando fa le sue considerazioni, di fare dei distinguo e di non pensare SEMPRE di avere la verità assoluta nella penna!

I commenti sono chiusi.