Sull’onda dell’articolo comparso su Primapagina relativo all’estensione della toponomastica chiusina e alla proposizione di nomi, ne vorrei aggiungere uno che è rimasto nella penna di Lorenzoni, senz’altro per dimenticanza, ma che secondo me riassume in sé i concetti di una vita spesa per il progresso dei deboli.
Si tratta di Oreste Venturini, primo sindaco socialista di Chiusi. Ho ritrovato un vecchissimo scritto di mio zio Solismo Sacco sulla figura di Oreste Venturini e sulle sue vicissitudini di vita, scritto con una grafia piccolissima che a gran fatica si legge. Fra carta consunta e correzioni, passatemi quindi, gli eventuali errori di forma, sintassi e grammatica. Lo trascrivo così, nello stato in cui trovasi.
“Il suo nome era Oreste Venturini, ma da tutti, amici ed avversari era conosciuto col soprannome di ”Il Rossino”, evidentemente a causa di quella barbetta a mo’ di pizzo che gli ornava il viso ovale e di colorito rossiccio, come marcatamente rossastri erano i capelli, la barba e quel pizzo che ne faceva un uomo che ben si distingueva dalla grande massa, facendone “un tipo”.
Abitava a Chiusi e già nella prima gioventù egli iniziò quel mestiere che lo portava a girare le campagne del suo comune ma anche dei comuni confinanti, fin dove la quotidiana fatica del camminare e trasportare pesi glielo consentiva. In gioventù ad occuparlo fu un mestiere precario poiché si trattava della raccolta di uova e pollame da commerciare poi spedendolo specialmente a Roma , la gran capitale d’Italia che nello scorcio del secolo già aveva e prometteva un grosso sviluppo demografico.
In questo modo, sudando nelle affannose giornate d’estate e faticando per arrancare verso le borgate toscane ed umbre dei contadini e dei casolari sparsi, sbarcava il lunario della vita ed aveva modo di riflettere nelle sue lunghe e solitarie camminate spingendo la bicicletta carica di canestri e con “l’Avanti” in mano, sulla sorte della gente a questo mondo, dove una gran parte di uomini e donne umili erano relegati al proprio incessante e faticoso lavoro nei più sperduti casolari nelle aperte campagne, senza strade o con abbozzi di esse, polverose d’estate e fangose d’inverno, in case poco più che capanne, circondate da stalle e pollai, aie e letamai che accoglievano il vitto universale per il bestiame.
Il giovane lavoratore ambulante rifletteva e vedeva di contro alla gran massa degli umili una ben piccola parte di proprietari di quelle terre che vivevano da oziosi e senza problemi nei centri urbani, nei paesi o nelle città. Anche per “il Rossino” come per i miseri artigiani locali la vita era dura e coscientemente vissuta e le sue riflessioni lo avevano portato a giudicare l’idea nuova socialista che nello scorcio del secolo passato aveva portato una ventata nuova di speranza tra le masse dei diseredati.
Il Cacioli, capo della Sezione Socialista di Chiusi di quel tempo, convinceva con le sue argomentazioni ed egli ne divenne oltre che un ammiratore anche un collaboratore e presto capì il senso delle affermazioni: l’unione fa la forza, l’emancipazione del lavoro sarà opera dei lavoratori stessi. Così in quello scorcio di secolo divenne un propagandista dell’idea socialista, rivolgendo la sua azione specie tra le masse contadine che ben conosceva a causa del suo mestiere, che lo portava ad un continuo contatto con esse. Da qui a divenirne l’organizzatore il passo fu breve ed è questa continua opera di proselitismo e di organizzazione che ne fece suo malgrado un capo socialista, non solo nella direzione delle lotte dei contadini, nucleo fondamentale dell’economia agricola della zona, che a quei tempi era terribilmente povera ed arretrata, ma anche politico. Queste lotte scossero l’apatia e la riluttanza dei proprietari che non intendevano impegnarsi in opere di migliorie tramite opportuni investimenti e delle masse lavoratrici che volevano invece migliorare le loro tristi condizioni di vita.
Il Rossino dunque fu l’animatore di queste lotte specie dei contadini ma anche degli operai legati all’economia contadina, in stretto legame con la tradizione socialista di quel tempo, di cui divenne suo malgrado il massimo dirigente, man mano che l’età con le sue inesorabili leggi portava al ricambio delle generazioni. Fu un capo combattivo dei lavoratori nel periodo a cavallo del vecchio e del nuovo secolo, fu confinato politico e successivamente divenne Sindaco della città di Chiusi, quando i socialisti conquistarono il comune, carica che mantenne sino all’avvento del fascismo. Dirigendo con capacità non solo le lotte dei lavoratori ma anche la Pubblica Amministrazione. Fu perciò pioniere del Socialismo chiusino e capo popolare, amato e stimato dai lavoratori quanto odiato dai padroni.
Un capo reso tipico nella sua funzione dal lavoro politico e dalla asciutta figura di uomo caratteristico che aveva l’impronta di uomo nobile ed intelligente.
Solismo Sacco
*Foto Archivio Sacco
Credo che sia importante far riferimento almeno ad alcuni datati anagrafici per poter far riferimento ad episodi della vita di Oreste Venturini, ma in questo blog non li ho trovati. Grazie a chi vorrà fornirli.
Tra i nomi citati nel mio articolo sul sito di Primapagina figurava anche quello di Pietro Tiradritti. Come nel caso di Oreste Venturini, però, esiste già anche una piazzetta intitolata all’ex sindaco (e al fratello Natale): è quella della “pesa” a Chiusi Città. Mi pare giusto puntualizzare e dare a Cesare quel che è di Cesare. In questo caso di Pietro…
Non ho citato il nome di Venturini perchè sapevo che esiste già una via intitolata al “rossino”. Sono d’accordo che il personaggio avrebbe meritato di più di una stradina pedonale…
Non mi era noto questo fatto.Ho redatto il Post-come ho già detto- sull’onda dell’articolo apparso su Primapagina sulla Creanda Toponomastica Chiusina e quindi nell’elenco di quei nomi avevo ritenuto di indicare anche quello di Oreste Venturini.Probabilmente hai ragione tu Fulvio che avrebbe meritato ben altro, ma all’epoca che venivano decise certe cose(anche se non è un epoca proprio lontana)
forse non c’era da parte di chi le decideva una visione completa di quanto era stata la lotta delle persone per portare avanti di gradino in gradino la consapevolezza della gente più umile.Oggi tale visione è completamente abbandonata, e lo vediamo anche dalla stessa toponomastica italiana, dove si intestano strade a personaggi del calcio fatti diventare eroi dai media (senza nulla togliere allo sport, ma lo sport stesso come alta espressione culturale umana probabilmente dovrebbe essere inteso e praticato e valorizzato in altro modo e non inquinato dai soldi).
Ben altro avrebbe meritato Oreste Venturini, ma esiste già una piccola via pedonale intitolata a suo nome, ed è quella che dal parcheggio della scuola media, passando dietro la costruzione della stessa, va verso via Fontebranda.
Una puntualizzazione per inciso, riguardante l’immagine apparsa accanto al Post della cartolina raffigurante Camillo Prampolini, parlamentare socialista e giornalista. Detta cartolina del 1903 fu spedita da mio nonno Benito Sacco(omonimo poi fu anche mio padre) ad Oreste Venturini con la dizione che si legge sulla parte anteriore. ( A tergo leggasi invece l’indirizzo del destinatario quale Oreste Venturini-Chiusi).Non sò per quale fatto strano si trovi e sia rimasta in casa mia poichè a regola doveva semmai trovarsi in quella di Venturini dato che era lui il destinatario, ma mi sembra di ricordare che proprio codesta cartolina fosse stata intercettata dai carabinieri che tenevano d’occhio sia mio nonno che il Venturini stesso che sembra furono convocati separatamente in caserma proprio per quella dizione che appare sul retro : ”Al Compagno Oreste Venturini- Chiusi ”
e quella che appare davanti:”Saluti affettuosi tuo compagno per la vita, Sacco Benito”. Da questa storia minimale si può capire a che punto poteva arrivare la repressione ed il controllo delle idee e degli atti delle persone da parte delle autorità costituite.