Nel 1796, le truppe repubblicane francesi valicarono le Alpi e occuparono la Lombardia. Il Granduca di Toscana, Ferdinando III, succeduto a suo padre Pietro Leopoldo nel 1791, nonostante avesse sottoscritto un trattato di neutralità con la Francia e l’Inghilterra, vide lo stesso entrare nel proprio territorio le armate napoleoniche.
L’unica cosa che riuscì ad ottenere fu che le stesse non attraversassero Firenze. Dovette tollerare però che i francesi occupassero Livorno e gli inglesi Portoferraio. L’anno dopo, nel 1797, dietro pagamento di due milioni di lire toscane, rientrò in possesso, a breve distanza l’una dall’altra, delle due città.
Lo stesso anno, le forze francesi occuparono lo stato pontificio e obbligarono il papa Pio VI ad accettare il trattato di Tolentino. Sotto il loro appoggio, fu costituita la Repubblica Romana e dopo aver fatto prigioniero il pontefice lo portarono in Francia.
Nel 1799, anche la Toscana fu invasa e il Granduca, Ferdinando III, il 24 marzo abbandonò Firenze e si rifugiò a Vienna.
I movimenti politici che accompagnarono l’invasione napoleonica fecero sentire i propri effetti anche a Chiusi. I sostenitori del governo francese, che i conservatori chiamavano “Giacobini”(1), nominarono loro rappresentanti i signori Luigi Cecchini, Luigi Petrozzi e Flaminio Dei. Per mezzo degli stessi, fu chiesto ai magistrati comunali, e naturalmente concesso, l’innalzamento dell’Albero della Libertà(2), al centro della piazza del Pretorio (oggi, piazza XX settembre).
Grandi festeggiamenti furono fatti per tale occasione. Luminarie, banda musicale e solenne corteo per le vie della città. Presenti, oltre alle autorità cittadine, il Vescovo, il suo Vicario e tutto il capitolo della Cattedrale.
Il fervore per la Repubblica francese però, non durò molto. Tra le principali cause che dettero origine alle dure contestazioni nei suoi confronti, ci furono senz’altro i rigidi sistemi degli invasori, sommati alla poca convinzione della maggioranza della popolazione nel pensiero rivoluzionario. Non mi sentirei però di escludere, nemmeno un certo risentimento da parte dei nobili e degli ecclesiastici, che avevano già visto diminuiti, non molti anni prima, i propri privilegi, quando il Granduca, Leopoldo I, dette il via alle sue coraggiose riforme.
Le proteste divennero in brevissimo tempo, feroci reazioni. Tutto ciò, ebbe origine nella vicina città di Arezzo, e ben presto si diffuse a macchia d’olio nell’intero territorio toscano, ed in particolare nella Val di Chiana. Le masse degli operai e dei contadini, sobillati dai loro stessi padroni, al grido di “Viva Maria”(3), e inneggiando al “Sanfedismo”(4), commisero devastazioni soprattutto nelle abitazioni di nobili e borghesi della parte avversa.
Nella nostra zona furono coinvolte, oltre a Chiusi, anche Montepulciano, Sarteano e Cetona. A Chiusi si formò, istigato dalle famiglie nobili dei Nardi e Casuccini, sostenitrici della monarchia Lorenese, un gruppo di un’ottantina di persone, tutte di bassa estrazione sociale, equipaggiate con armi rudimentali, in special modo bastoni, mazze e forconi. Come primo atto, una parte di loro, si diresse verso la casa di Fabio Sozzi per arrestarlo. Un’altra in direzione della Dogana, dove catturarono il doganiere Lorenzo Lanini e Lorenzo Paolozzi (Le famiglie Sozzi e Paolozzi erano favorevoli al governo francese).
Seguì immediatamente l’abbattimento dell’Albero della Libertà. Bande d’operai e contadini chiusini, incitati dai loro padroni, parteciparono anche all’occupazione di Siena, infierendo con atti criminali e sanguinosi, sopratutto sugli ebrei. Nella stessa maniera in cui, giorni prima, a Montepulciano, in poche ore furono distrutti il ghetto di quella città, la Sinagoga e la scuola ebraica.
Conclusasi la ribellione anti-francese, sembrava che tutto si fosse avviato alla normalità, ma non fu così. Tornato Napoleone dall’Egitto, riportò tutto al punto di partenza. Discese nuovamente in Italia, e dopo le varie vicende che la storia della nostra penisola ci narrano, in Toscana, nel 1801, fu creato il Regno d’Etruria, sotto il comando di Lodovico I di Borbone, che vi regnò fino al 1803(5).
(1) Durante la rivoluzione francese erano membri della formazione politica che traeva il proprio nome dall’ex convento dei domenicani di San Giacomo (Jacobins), dove gli iscritti si riunivano. Nacque come partito borghese con idee monarchico-costituzionali. In Italia furono detti giacobini, nel periodo 1796-1799, coloro che professavano idee rivoluzionarie.
(2) Si piantava nelle pubbliche piazze al tempo della rivoluzione francese come simbolo di libertà.
(3) Grido con cui la plebe inferocita commetteva azioni contro i giacobini, non certamente degne della bontà della Madonna. Il motto prese nome dalla Beata vergine Maria del Conforto, Madonna Patrona di Arezzo, città da cui iniziò la protesta.
(4) Movimento legittimista e reazionario che si batté nel 1799 al comando del cardinale Fabrizio Ruffo contro la Repubblica Partenopea. I Sanfedisti, quasi esclusivamente contadini, organizzati in un esercito che inalberava la croce, segno della Santa Fede, profondamente ostili agli antichi privilegi dei nobili e a quelli più recenti dei borghesi, furono strumentalizzati, nella lotta antifrancese e a favore della restaurazione borbonica, dal cardinale Ruffo che dette loro soddisfazioni immediate, sopprimendo le imposte fissate dalla Repubblica e consentendo i saccheggi nei castelli dei nobili.
(5) A Lodovico di Borbone, successe il figlio Carlo Lodovico di Borbone fino al 1807. Dal 1807 al 1809, vi fu l’annessione della Toscana all’Impero Francese. Elisa Bonaparte-Baciocchi, divenne granduchessa di Toscana nel 1809 e vi rimase fino al 1814. Nel 1814 ripresero possesso del granducato gli Asburgo-Lorena. Il congresso di Vienna assegnò definitivamente il granducato a Ferdinando III, che rientrato a Firenze governò ancora fino al 1824. Nel 1824 gli succedette il figlio Leopoldo II, che regnò fino al 27 aprile del 1859, 11° ed ultimo granduca di Toscana.
Appunto…. qui non c’è nulla da distorcere ”le condanne per l’omicidio degli ebrei le ha inflitte il governo filofrancese”,,
Cito testualmente IDIS-DPF Istituto per la Dottrina e l’Informazione Sociale-Dizionario del Pensiero Forte a cura di Giuliano Mignini(capoverso 3 l’insorgenza ed il suo sviluppo”: ”Il 25 Giugno le truppe aretine (cioè dei Viva Maria, OK?) attaccarono Siena accolte con entusiasmo dai popolani, ma penetrati nel ghetto, ammazzarono 13 componenti della comunità israelita, mostratasi favorevole ai francesi…
Claudio, ne io nè tu c’eravamo, nè tutti coloro che ci leggono, ma per una oggettiva analisi storica, che sia scevra dal ”modificare a proprio vantaggio” (qui il revisionismo invece c’entra eccome) la realtà è bene andarci cauti, soprattutto quando l’indagine storica dice e riporta che ad ammazzare gli ebrei furono ”avanzi di galera”.
Ed allora? Sai quante violenze nella storia sono state compiute da avanzi di galera ed aguzzini, mandati però da ben consapevoli mandanti?
Pensi davvero che la strage di Capaci sia stata decisa da Brusca o da Riina? Se no ci prendiamo per i fondelli…e spesso chi distorce ne ha convenienza, come da ogni parte dove succede questo.
Ognuno pensa quello che vuole, ma i fatti sono fatti, i documenti coevi della comunità ebraica di Arezzo dicono che gli aretini non solo non aggredivano gli ebrei, ma li proteggevano dalla teppaglia perchè il Comune di Siena si era squagliato. Le condanne per l’ omicidio degli ebrei le ha inflitte il governo filofrancese non i “viva maria”. Se si sostiene una opinione che si ritiene giusta non è che si può farlo distorcendo la realtà!
La storiografia dell’800 sarà stata anche ”interessata” ma ci si domandi in quale contesto agiva ed i riferimenti storici che stavano alla sua base: secoli di dominio incontrastato dello Stato della Chiesa, asservimento dei poveri delle campagne e delle città agli interessi di una struttura di potere secolare che decideva alleanze e che si alleava con i potentati di turno, spegnendo ogni istanza di rivalsa, con tutti i mezzi a sua disposizione, primo la presenza delle prediche e della sola forza del convincimento religioso da parte dei preti tra la popolazione e quando non bastava anche la violenza indiretta architettata ad arte per seppellire le istanze di cambiamento.Tale status vedeva-giustamente- come nemico l’idea liberale e sulla sottomissione popolare ai potenti ci campavano anche loro. Era quindi un asse inestinguibile. Quanto a Gallorini non voglio senz’altro mettere in discussione la sua competenza e la sua onestà intellettuale, ma se i francesi sono stati coinvolti direttamente -ammettendo anche che le ragioni non siano mai da una parte sola- si vede che la misura era colma. Perchè non si ammette mai che anche da chi reggeva le sorti dello Stato della Chiesa sono venute fuori violenze e sopraffazioni sanguinose in molte occasioni? Era uno stato come un altro e si basava anche sulla forza quando non bastava più il convincimento. Non si scherza neppure oggi con le ”ragion di stato”, figuriamoci a quei tempi.
Penso che gli storici fanno bene a spaccare il capello in quattro, perchè non è mai giusto valutare gli avvenimenti storici a sgrosso.
Ma non convince Provvedi, in questo caso, perchè, pur con tutti i distinguo, non è facile sganciare quello che avvenne con “I viva Maria” da evidenti responsabilità degli ambienti ecclesiastici.
D’altra basterebbe il nome per capire di cosa s’è trattato.
Che l’antisemitismo non sia stata una molla o una componente sostanziale del movimento può essere benissimo e non ho difficoltà ad accettare quello che dice Gallorini (persona che conosco per studioso scrupoloso e serio), ciò non toglie che gli ebrei da quegli avvenimenti qualche problema lo hanno avuto.
In questo caso non c’ entra il revisionismo. Chi fa storia sulle fonti documentarie e le cita, merita rispetto. Poi alla fine trae anche qualche conclusione. Santino Gallorini sostiene due cose: a) Il movimento delle insorgenze era antiliberale e antifrancese, ma non era antiebraico. b) La storiografia dell ‘800 era ideologica e interessata, per cui va sempre presa con le molle.
Qui non c’è censura ma non ci si potrebbe ricordare le regole che ci siamo dati sulla lunghezza dei messaggi? Grazie.
Claudio, sono tutt’altro che uno storico, ma in genere ritengo che occorra far riferimento al fatto che durante ogni manifestazione di violenza, l’uso del potere si serve sempre di esecutori. Daltronte la storiografia su questo si presta sempre a mille mascheramenti, mille coperture perchè occorre sempre mascherare i mandanti. Gli esecutori, come dici te, sono sempre feccia sociale. Anche durante il ventennio gli assalti alle case del popolo ed alle camere del lavoro non li facevano mica i proprietari terrieri o gli industriali, ma erano loro che ce li mandavano.
Nelle nostre zone, e specialmente in Valdichiana c’era chi ubriacava masse di poveri nelle cantine delle residenze di campagna per poi mandarli ebbri di odio, di vino d’ignoranza a bruciare le sedi delle organizzazioni del lavoro. Sotto lo sguardo vigile di chi diceva che la violenza se l’erano cercata, perchè quei socialisti non si lasciavano ammansire dal prete (che stava dalla parte dei mandanti).Questa è storia incontrovertibile ma oggi si assiste ad una tendenza, ormai diffusa, a fare su certi avvenimenti del revisionismo che si presta benissimo per chi ne ha interesse: una mattina si sveglia un qualsiasi preteso studioso e storico e sputa sentenze su qualunque cosa.
Te ne dico una: nella nostra zona e con precisone a Città della Pieve durante il passaggio del fronte un prete, Don Pompeo Perai (che poi non era davvero un simpatizzante socialcomunista) fu ucciso da una scarica di mitra da SS tedeschi uscendo da un rifugio dentro il paese per andare a dare l’estrema unzione a dei morenti. Nel sitoweb di ecclesiacatholica c’è scritto: ”Don Pompeo Perai ucciso da rappresaglia partigiana”.
Ho scritto più volte per far togliere questa invereconda notizia, senza alcun risultato. Con questo non voglio dire che la verità sia da una parte sola. Ma spesso oggi si assiste, spettatrice un’opinione pubblica che subisce inebetita la violenza dei medi, ed alla quale tali questioni non interessano mai perchè crede che riguardino solo il passato, a forme di contrapposizione e revisionismo dove si dice da ogni parte spesso il falso, neanche tanto abilmente costruito. Ho l’impressione che chi si dimentica del passato sia destinato a riviverlo.
Caro Fulvio, ho avuto la fortuna di conoscere Santino Gallorini, studioso delle “insorgenze”, lui ha potuto consultare gli archivi della comunità ebraica di Siena. Dagli atti processuali a carico degli assassini dei 13 ebrei massacrati durante la presa di Siena da parte dei “Viva Maria” viene fuori che per quei crimini furono riconosciuti colpevoli tali: Vincenzo Lorenzetti, detto Gallinaccio; Ambrogio Vermigli, detto Brogio matto; Luigi Anastasi, detto Gigi bestia; Assunto Provvedi, detto Pinona; Pietro Trinci; N.Bacci, detto Scansa; Antonio Martinelli e altri. Tutte queste persone avevano in comune il fatto di essere conosciuti come delinquenti comuni di Siena e dintorni. Non erano insorti “antifrancesi”! Dalle memorie degli stessi archivi, viene fuori, a proposito dei “Viva Maria” aretini, che questi erano impegnati a proteggere gli ebrei del ghetto dalla teppaglia senese che approfittava della confusione per compiere opera di sciacallaggio. Purtroppo la storiografia successiva, ideologicamente interessata, ha trovato il modo di scaricare tutto sui “mostri”.